Lamezia festeggia San Francesco di Paola. Mons. Morosini: “La pandemia ha posto delle domande alle nostre coscienze”

LAMEZIA TERME(CATANZARO) – “Abituati a vedere la messa della festa del 2 giugno, con la Matrice stracolma di gente, questa mattina invece, così obbligatoriamente semivuota, provoca delle domande e crea una stretta al cuore”.
Esordisce così mons. Giuseppe Morosini, arcivescovo di Reggio-Bova, nella sua omelia nel corso della solenne concelebrazione per la solennità di San Francesco di Paola.
Alla santa messa, celebrata secondo le restrizioni imposte dal Governo a causa della pandemia, erano presenti le autorità civili e militari e i fedeli fino ad un totale di 130 persone. In tanti, purtroppo, non sono potuti entrare in chiesa. Prima di addentrarsi nella sua riflessione, Morosini ha salutato e ringraziato il Vescovo di Lamezia, mons. Giuseppe Schillaci, attualmente ricoverato al Policlinico Gemelli.
“Ricordo i riti della settimana santa. Vuoti – dice Morosini. Questi momenti hanno posto degli interrogativi alla nostra coscienza. Questa pandemia ha posto delle domande alla società e alle coscienze degli uomini. Mi auguro che siano delle domande alle quali possiamo dare delle risposte. La tentazione di girare pagina e dimenticare tutto c’è. La tentazione di rimanere ancora impantanati in quello che era uno stile di vita che abbiamo constatato non era più possibile da portare avanti. Questa mattina mi chiedo ‘questa festa celebrata in questo modo, quale provocazione dà alle nostre coscienze?”
Tre sono state le osservazioni del pastore sviluppate nel suo noto linguaggio chiaro e profondo.
“La prima osservazione: prendiamo questa pandemia come un momento di grazia nel quale Dio ci ha parlato. Si è subito pensato “Dio ci ha castigati, ci ha puniti”. Ebbene, nessuno di noi ha il diritto di pensare questo. Se lo pensassimo sovvertiremmo gli orizzonti della nostra fede. Se abbiamo fede viviamo ogni evento con gli occhi della fede”.
“Il credente si deve porre dinanzi a questi avvenimenti con gli occhi della fede. San Francesco ha letto tutti gli avvenimenti che gli capitavano in questa ottica”.
“Nella pandemia – ha proseguito il vescovo – sentivamo la privazione della messa, oggi vi dico non dimentichiamoci di quella privazione”.
E allora Padre Giuseppe (così e rimasto per i sambiasini, nella cui comunità ha servito per 12 anni) chiede: “Cosa conta nella festa? Il momento dell’incontro con Dio o la processione? Dov’è la fede?
La religiosita popolare deve trovare il suo equilibrio nei contenuti di fede. Altrimenti ogni festa non ha senso”.
Passando alla seconda osservazione, Morosini chiede ancora ‘che cosa abbiamo imparato in questo momento difficile? Non mi dite che non vi siete chiesti “Dio dov’è” non me lo dite perchè non vi credo.
Quelle immagini terrificanti di quei camion militari stracolmi di bare, o le lacrime di quelle persone che non potevano accompagnare il loro caro nell’ultimo momento della vita. Tutti di fronte a ciò ci siamo chiesti dove fosse Dio. Ecco cari fratelli, nel trasmettere la fede si deve riuscire a creare l’equilibrio tra il mistero della morte e la paternità di Dio.
Noi cristiani dobbiamo guardare al problema della morte nell’ottica di Dio.
Dio non ci offre risposte razionali dinanzi alla morte. Il dolore rimane sempre un mistero per l’uomo.
Per Gesù Cristo morto in croce, la morte è stato un ritorno al Padre. E lo stesso è per noi. Se con il Battesimo diventiamo figli di Dio, è a quel Dio, a quel Padre che si ritorna con la morte”.
Nella sua terza e ultima osservazione il Frate vescovo ricorda tutte quelle parole di elogio che “si sono sciupate a medici, infermieri, forze dell’ordine che hanno messo in gioco la loro stessa vita. Abbiamo applaudito, li abbiamo additati come eroi. Possibile che in una societa egoistica come la nostra ci siano state tutte queste persone generose che hanno offerto la loro vita? Sì. Avevamo dimenticato questa solidarietà. Ma questi uomini e queste donne (tanti sono morti) ci hanno ricordato che si può.
San Francesco con la solidarietà ci ha insegnato la commozione, di immedesimarsi nell’altro”.
“Il 4 maggio – ha detto Morosini avviandosi alla conclusione – ho detto al Presidente Santelli ‘bloccate il virus della burocrazia’. Ecco, oggi lo ripeto a voi autorità qui presenti”.
“Se riuscissimo nel pensiero che io devo progredire insieme all’altro, questo San Francesco ha predicato, allora possiamo vivere in una società più giusta”.
Oggi non ci sarà, per ovvie ragioni, la processione per le vie cittadine. E a tal proposito ecco l’invito di Padre Giovanni Sposato: “Quest’anno non ci sarà la processione, non andremo dietro la statua a noi tanto cara che percorreva le nostre strade.
È vero… ma è vero che il nostro Santo possiamo farlo camminare ugualmente nelle nostre strade e passare dalle nostre case attraverso il suo messaggio se ciascuno di noi, in prima persona, questo messaggio lo vive e lo incarna quotidianamente.
E sarà più efficace questa processione di tante altre fatte fino ad ora.
Facciamola, questa processione: nessuno potrà impedircelo. Proviamoci”.

Candida Maione

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