Lamezia, Cantafora celebra il Giovedì Santo in bene confiscato alla mafia. Panizza: “La lavanda dei piedi è un gesto che disegna la presenza attiva dei cristiani nel mondo”

LAMEZIA TERME (CATANZARO) – La “Casa Famiglia Dopo di Noi” è stata scelta dal Vescovo Cantafora per la celebrazione del giovedì Santo. Infatti il vescovo celebrerà la Messa In Coena Domini alle ore 16.

Il palazzo di via dei Bizantini, bene confiscato alla mafia, e divenuto casa di accoglienza e di vita per alcune persone vulnerabili e più sole, per i minori stranieri non accompagnati della Comunità Luna Rossa e Sportello informativo per i diritti delle persone con disabilità, sarà il luogo che apre alle solennità del Triduo Pasquale.

Un segnale forte, voluto da S.E. Mons. Luigi Cantafora, il quale ha scelto di pregare per e con questa comunità fragile, che però ha anche saputo trovare nella fede, nella speranza e nella carità la forza del riscatto non solo per se stessa.

Un gesto assoluto di consegna, di umiltà e di servizio, quello di Gesù che nel lavare i piedi agli apostoli si fa servo amando “sino alla fine”, che si tramuta in azione sociale forte per chi, vivendo la fraternità, sceglie di ravvivarla quotidianamente nel proprio essere un dono, un luogo di persone e di servizio per gli altri.

«Il rito dell’ultima cena di Gesù coi discepoli è un gesto religioso. Si compie un rito, ma i cristiani sappiamo i suoi significati sublimi. – dice Don Giacomo Panizza, presidente della Comunità Progetto Sud – Celebriamo il dono a caro prezzo della vita di Gesù data per noi. Veneriamo un Dio che sottomette nessuno ma anzi ama e serve le sue creature. La lavanda dei piedi è un gesto che disegna la presenza attiva dei cristiani nel mondo, li colloca dove ci sono disuguaglianze, ingiustizie, primi e ultimi e indica da quale parte stare. Celebrare la cena del Signore in un bene confiscato alle mafie e insieme alle persone fragili è un gesto religioso, tiene la Chiesa ai piedi dell’umanità crocifissa e interpella i popoli, le culture e i poteri: valutate voi se questo sia anche politica»!

 «A chi svolge una lavoro sociale professionale o di volontariato – afferma don Giacomo – “lavare i piedi” a chi è vulnerabile rammenta che è per gli ammalati che esiste l’ospedale, per i bambini che esiste la scuola, per gli ultimi che esistono i primi… e non per mantenerli ammalati, ignoranti, ultimi. Gesù, dopo aver lavato i piedi agli apostoli disse intenzionalmente: “Vi ho dato un esempio, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi”. Il messaggio a chi lavora nel sociale non è solo di aiutare i più deboli, ma è la loro emancipazione; è quello di far strada agli ammalati, ai bambini e agli ultimi affinché essi posseggano a loro volta la dignità di “potere” aiutare e amare gli altri».

In un momento molto difficile per la città don Giacomo Panizza ricorda che «i riti della Pasqua mostrano che la resurrezione di Gesù avviene prendendo la croce su di sé, impegnandosi in prima persona. L’insegnamento è che il meglio per la nostra città potrà avvenire se ci orienteremo ad assumere certi impegni, che a mio avviso dovrebbero essere sia individuali che collettivi e collaborativi. La resurrezione non è solo un sentimento, è il cammino di vita delle persone, delle famiglie e dei popoli. Lamezia Terme, città chiusa nei suoi imprescindibili nuclei vitali non crescerà mai, mentre i simboli della Pasqua sono chiari: la resurrezione passa attraverso l’impegno ad aprirsi agli altri, a perdonarsi e a collaborare per una città a dimensione umana. Che poi sia la terza o diventi la quattrocentesima città della Calabria, non importerà più».

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