Chiesa calabrese contro la ‘ndrangheta: a due anni dall’avvio del progetto “Costruire speranza”

imageLAMEZIA TERME (CATANZARO) – 12 Diocesi coinvolte. Oltre 450 realtà regionali e nazionali incontrate tra parrocchie, movimenti ecclesiali, scuole, associazioni culturali e sportive, istituzioni. Due “opere segno” già nate in due beni confiscati alla criminalità organizzata nelle diocesi di Lamezia Terme e di Reggio Calabria – Bova e altre 4 nasceranno in altre diocesi calabresi.

Questi alcuni dati relativi al progetto “Costruire speranza”, curato dalla delegazione regionale Caritas Calabria e finanziato dalla Conferenza Episcopale Italiana, a due anni dall’avvio ufficiale del progetto a maggio 2013. Dati comunicati questa mattina a Lamezia Terme, nella sede dell’episcopio, nel corso di una conferenza stampa in vista del convegno di presentazione ufficiale dei risultati del progetto, che si terrà sabato 21 maggio a partire dalle 9.30 presso il teatro S. Eufemia.
Formare le realtà ecclesiali, dalle parrocchie alle Caritas, sui temi del contrasto alla mafia e alla mentalità mafiosa. Promuovere la cultura della legalità e dell’amore al bene comune tra i più i giovani attraverso esperienze di aggregazione come il teatro, la fotografia, lo sport. Formare operatori esperti in gestione dei beni confiscati alla ‘ndrangheta, come segni di un processo di rinnovamento reale e di costruzione di una speranza “tangibile”. Questi gli obiettivi del percorso che ha visto protagonista negli ultimi due anni la Chiesa di Calabria, con un lavoro congiunto e sinergico tra le dodici diocesi e le Caritas calabresi.
Un progetto per ribadire con forza l’impegno della Chiesa calabrese e della Chiesa italiana contro la mafia e la mentalità mafiosa, che si realizza attraverso segni concreti e tangibili. Come quello di riutilizzare i beni confiscati alle mafie per metterli a servizio dei più poveri e degli ultimi.
“Quando si parla di lotta alla mafie, le parole volano ma i segni restano. E con questo progetto noi abbiamo voluto gettare semi e lasciare dei segni. Semi che sono il simbolo della speranza, di ciò che è piccolo e che si spera diventi più grande, con l’impegno e il lavoro quotidiano. E poi i segni, come la casa Fazenda da Esperança inaugurata l’anno scorso a Lamezia Terme e la “Casa Anawim” della Diocesi di Reggio Calabria, progetti di servizio agli ultimi e alle persone in difficoltà realizzati in due beni confiscati alle cosche. Sono questi i semi di speranza contro la rassegnazione, in una terra dove ancora oltre il 90% dei giovani laureti è costretto ad emigrare”, ha affermato il direttore della Caritas Diocesana di Lamezia Terme Padre Valerio Di Trapani evidenziando che il progetto “non si è concluso ma, come la stessa conferenza episcopale calabra ci ha sollecitati, continuerà e ai segni già realizzati sul territorio se ne aggiungeranno altri”.
Ha sottolineato il carattere “sperimentale” e “innovativo” del progetto Isabella Saraceni, coordinatrice della Metropolia di Catanzaro e referente per l’area beni confiscati, che ha indicato le tre azioni fondamentali di “Costruire Speranza”: formazione, animazione, beni confiscati. “Un lavoro articolato sul territorio – ha spiegato la Saraceni – messo in atto grazie ai dodici animatori della legalità, che hanno avuto il compito di attivarsi operativamente sui territori locali e al tempo stesso tenere uniti i processi e le strategie a livello regionale, con il supporto dei giovani animatori del progetto Policoro”. Sul fronte dei beni confiscati – ha aggiunto la Saraceni – “sono stati individuati 3 animatori, uno per ognuna delle tre metropolie, che sono stati protagonisti di un percorso formativo con lezioni in aula, stage esterni, esperienze sul campo regionale e nazionale. Grazie al supporto di un esperto del settore dell’ Associazione “Libera. Associazioni, Nomi e Numeri contro le mafie” di Don Ciotti, i tre animatori hanno realizzato una mappa all’interno della quale si sono individuati i beni confiscati presenti nei differenti territori diocesani. Sono state monitorate 26 realtà regionali e una extra – regionale, il Centro Sociale “Papa Giovanni XXIII” che dispone di un Centro Studi al centro di Reggio Emilia realizzato all’interno di un bene confiscato, dalle quali attraverso delle interviste agli operatori si sono raccolte tutta una serie di informazioni utili per la comprensione dell’iter procedurale confisca-riutilizzo sociale, delle partnership, la durata dei contratti di comodato d’uso, l’acquisizione di finanziamenti, la sostenibilità delle attività. Informazioni e competenze che i tre animatori metteranno a disposizione delle Diocesi calabresi in futuro, per mantenere vivo l’impegno sul fronte dei beni confiscati e del loro riutilizzo sociale, una sfida cruciale nella lotta alla ‘ndrangheta e nella promozione di una cultura di amore per il bene comune”.
Nel corso della conferenza stampa, è stato presentato il libro “Chiesa e lotta alla ‘ndrangheta” curato da Don Serafino Parisi e Don Giovanni Mazzillo, testo che raccoglie alcune lezioni ai seminaristi calabresi sul contrasto alla ‘ndrangheta tenute, tra gli altri, da Enzo Ciconte, dal magistrato Salvatore Dolce, da Padre Renato Gaglianone. Nel documento “Testimoniare la verità del Vangelo. Nota pastorale sulla ‘ndrangheta” della Conferenza Episcopale Calabra pubblicato nel 2015, la Chiesa calabrese ha fortemente sollecitato la formazione dei futuri sacerdoti per conoscere la ‘ndrangheta e le modalità pastorali per combatterla a partire dalla formazione delle coscienze.

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