In Veglia Pentecoste vescovo invita a “vivere nello spirito di Pentecoste e non di Babele”

veglia pentecoste 4LAMEZIA TERME (CATANZARO) – Un invito a “vivere nello Spirito di Pentecoste e non di Babele” quello rivolto dal vescovo della Diocesi di Lamezia Terme, Luigi Antonio Cantafora, nell’omelia tenuta durante la veglia di Pentecoste in Cattedrale. “Impariamo, col dono dello Spirito – ha aggiunto Cantafora – , a discernere il bene, a mettere Dio al centro per non farci trascinare dalle mode e non essere come fanciulli sballottati dalle onde”. Questo specie se si considera che “il dono dello Spirito che è fuoco, vento, soffio vitale, che rinvigorisce persino le ossa aride, diventa potenza di Dio”.

Parole, queste, che quasi contrastano con quanto sta avvenendo oggi in un mondo che “vuole escludere Dio dalla vita in modo esplicito e in modo velato. Lo dicono persino certi progetti educativi – ha evidenziato il vescovo – basati su ideologie lontane da Dio e vacuamente illusorie da cui è bene, come cristiani, prendere le distanze (per scegliere veramente chi e cosa volete trasmettere ai vostri figli)”.

Quindi, nel ricordare che “l’uomo pretende di essere artefice da solo della sua vita”, il Pastore della Chiesa lametina ha sottolineato che “a Pentecoste, persone con lingue diverse si capiscono; a Babele – ha proseguito – , con l’esclusione di Dio, c’è la confusione delle lingue e quindi non comprendendosi gli uomini muoiono”.

Infatti, “è grazie allo Spirito che è possibile la comunione, l’armonia, la comprensione, la pace. Questo avviene non annullando le differenze – l’unità non è uniformità – ma è comunione, perché lo Spirito provoca una convergenza, comunione di intenti, intesa dei cuori. Per questo – ha detto ancora il vescovo della diocesi di Lamezia Terme – l’iniziativa di molti gruppi e movimenti di vivere il Giubileo in questa settimana di preparazione alla Pentecoste,è stata significativa. Ma non basta! La comunione è un dono che si riceve dall’alto e che occorre custodire e far crescere nella società e anche nella chiesa. La ricchezza di questa liturgia ci ha mostrato il passaggio dello Spirito nella storia della salvezza. La costruzione di Babele, tutta umana, per perseguire un progetto che escludeva Dio dalla vita, ha portato alla lacerazione, alla divisione e all’autodistruzione. Ciò non è poi così distante da noi”.

E questo specie se si considera che “la Pentecoste non è un racconto del passato. È un evento che ti coinvolge oggi e tu devi poter dire: prima ero così, ora invece…Dunque: per chi vivi? A chi consegni la tua vita? Accogliamo il dono di Dio per essere testimoni del Vangelo, con coraggio e parresìa, in ogni ambiente sociale e lavorativo. Allora si realizzerà la profezia di Gioele: anche i nostri figli profeteranno, parleranno cioè con parole di Dio”.

Cantafora, poi, nel ricordare  l’invocazione del salmista “Manda il tuo Spirito, Signore, a rinnovare la terra”, ha sollecitato i fedeli presenti in Cattedrale a fare “nostra questa invocazione del salmista. Sì, la nostra terra ha bisogno del tuo Spirito, Signore! «Senza la tua forza – ha aggiunto – nulla è nell’uomo, nulla senza colpa!». Siamo consapevoli che esistiamo, siamo in vita, grazie allo Spirito di Dio”.

Ecco perché “in questa solenne celebrazione vigiliare invochiamo lo Spirito perché scenda su di noi e ci renda testimoni coraggiosi, audaci e, allo stesso tempo,‘semplici testimoni’del vangelo. Pentecoste è la festa del compimento – finalmente si gustava il raccolto dopo un anno di lavoro; è la festa dell’Alleanza che Dio ha stabilito con il suo popolo; un’alleanza non più scritta su tavole di pietra ma nei nostri cuori. Facciamo nostra, dunque, l’invocazione della Chiesa stessa:Veni, Sancte Spiritus!, Vieni Spirito Santo!, un’invocazione tanto semplice e immediata, ma insieme straordinariamente profonda,  perché sgorga prima di tutto dal cuore di Cristo. Lo Spirito Santo, infatti, è la stessa vita del Signore Gesù offerta per noi: «Chinato il capo donò lo Spirito», e ancora: «Alitò su di loro e disse: Ricevete lo Spirito Santo»; è il dono che Gesù ha chiesto e continuamente chiede al Padre per i suoi amici perché siano una cosa sola”.

Partendo da ciò, quindi, “il cristiano non può essere una persona indifferente, banale, addormentata o, peggio ancora, omologata ai più; non possiamo essere cristiani solo nei registri, ma chiediamo di essere potentemente animati dallo Spirito che è amore che si effonde, fuoco che brucia, passione per l’Evangelo, per annunciare a tutti gli uomini le grandi opere di Dio, il suo amore per noi, la gioia di essere Figli amati gratuitamente dal Padre. Carissimi – ha concluso Cantafora – , che il Signore mandi il suo Spirito e ci renda autentici testimoni nelle scelte di vita, veri figli”.

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