La Via Crucis al Colosseo: “Croce di Cristo, in te vediamo Dio che ama fino alla fine”

imageFrancesco è giunto al Colosseo per presiedere la tradizionale Via Crucis che si ripete da sessant’anni alla presenza del Pontefice. Prende posto nella terrazza al Palatino, di fronte al Colosseo e viene salutato da un intenso applauso.
La quarta “Via Crucis” presieduta da Papa Francesco in questo Venerdì Santo, in una città blindata; il rito in diretta televisiva, è stato trasmesso in mondovisione in circa 60 paesi. Tutto il mondo in Piazza San Pietro sia nelle meditazioni e nelle preghiere, sia materialmente nel portare il legno della croce.
Accanto al vicario di Roma, Agostino Vallini, una famiglia numerosa, dei giovani, alcuni rappresentanti e volontari dell’Unitalsi, tra cui un disabile Francesco Rocco Arena, laureato in scienze politiche a Buenos Aires, laurea in teologia gregoriana di Roma, critico d’arte che ha ottenuto l’onorificenza dai Cavalieri di Malta. E ancora una donna cinese, una russa, una paraguaiana, un uomo bosniaco, una famiglia ecuadoregna. Anche l’Uganda, il Kenia, il Messico, gli Stati Uniti, la Bolivia, la Siria e la Terra Santa hanno i loro rappresentanti.
Intense le riflessioni sui drammi di oggi che animano la Via Crucis, e le cui meditazioni sono state scritte quest’anno dal cardinale Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia-Città della Pieve. In Gesù Crocifisso gli ultimi della Storia: le donne e i bambini abusati, i cristiani perseguitati, le vittime degli stermini, ed ancora il dramma senza fine dei migranti e perfino un riferimento, come contraltare all’umiltà di Cristo nella sua deposizione dalla Croce, alla “fastosità dei funerali dei potenti di questo mondo”.
Gesù, Pilato e la folla, i protagonisti della prima tappa della Via Crucis dove Gesù è condannato a morte: “Ognuno di noi, oggi è parte integrante di quella folla che grida: ‘Crocifiggilo’! Nessuno può sentirsi escluso. La folla e Pilato sono dominati da una sensazione interiore che accomuna tutti gli uomini: la paura. La paura di perdere le proprie sicurezze, i propri beni, la propria vita”. “Quanta paura c’è nella nostra vita!”. La stessa della folla che davanti a Pilato gridava: “Crocifiggilo”. Nella prima stazione, chiaro riferimento alla quotidianità, come Pilato siamo dinanzi ad un mistero troppo grande. Ed allora preghiamo: “Abbiamo paura del diverso, dello straniero, del migrante. Abbiamo timore del futuro, degli imprevisti, della miseria. Quanta paura nelle nostre famiglie, negli ambienti di lavoro, nelle nostre città. E forse abbiamo paura anche di Dio”. Condannato dalla paura degli uomini, fa che non chiudiamo le nostre orecchie: “Non abbiate paura!”
“Ecco l’uomo!” Pilato presenta Gesù alla folla nella seconda stazione. “Il cristiano non cerca l’applauso del mondo o il consenso delle piazze, non adula e non dice menzogne per conquistare il potere”. Cosa è la verità? Chiese Pilato. La verità ha il volto sfigurato del Cristo. “Troppo spesso, invece, “andiamo in cerca di una verità a buon mercato, “lasciandoci ingannare da profeti di sventura o da abili pifferai che anestetizzano il nostro cuore con musiche suadenti che ci allontanano dall’amore di Cristo”. Permettici Signore, di riconoscere nel tuo volto il tratto dei nostri volti.
Gesù, “scarto tra gli scarti, ultimo con gli ultimi, naufrago tra i naufraghi”. Dio che cade. “Come gli ebrei morti nei campi di sterminio, i cristiani perseguitati, i bambini schiavizzati e le “carrette del mare”. E’ il tema della terza stazione, quella di “un Dio che cade” per la prima volta e ci porta a chiederci: “Dov’è Dio nei campi di sterminio? Dov’è Dio nelle miniere e nelle fabbriche dove lavorano come schiavi i bambini? Dov’è Dio nelle carrette del mare che affondano nel Mediterraneo?”. Gesù cade, ma non schiacciato. Bisogna pregare “per tutte quelle situazioni di sofferenza che sembrano non avere senso, per gli ebrei morti nei campi di sterminio, per i cristiani uccisi in odio alla fede, per le vittime di ogni persecuzione, per i bambini che vengono schiavizzati sul lavoro, per gli innocenti che muoiono nelle guerre”.
“Ieri come oggi la famiglia è il cuore pulsante della società”. E’ il tema della quarta stazione, che ci ricorda come “tutti hanno bisogno di una madre, anche Dio”. Maria rivede il Figlio sfigurato sul legno della Croce, ma nei suoi occhi c’è tanta speranza. Maria donna e madre, segno di speranza per i popoli che soffrono i dolori del parto. Cammina con noi, combatte con noi: “Oh Maria, prenditi cura di tutti gli orfani della Terra, proteggi tutte le donne oggetto di sfruttamento e di violenza…”, risuona forte la preghiera mariana scritta dal cardinale Bassetti. Alle donne è dedicata anche l’ottava stazione, dove risuona “un forte appello alla conversione, personale e comunitaria”, perché le “viscere di misericordia” sono “viscere materne”.
Il Cireneo viene costretto a portare la croce con Gesù. Poi ne diventa discepolo e aiuta Gesù a portare la Croce. Perfino il Figlio di Dio ha avuto bisogno di qualcuno per portare la Croce. “Dio si sporca le mani con noi”. E noi “come ci comportiamo di fronte alla sofferenza” di un bambino disabile o al “grido di chi soffre ma vive lontano da noi?”.
Nella quinta stazione, il cardinale Bassetti attualizza la figura di Simone il Cireneo: “La sofferenza, quando bussa alla nostra porta, non è mai attesa. Appare sempre come una costrizione, talvolta perfino come un’ingiustizia. E può trovarci drammaticamente impreparati”. Il Cireneo è il segno della misericordia di Dio nella storia dell’umanità.
Veronica si fa spazio tra la folla ed asciuga il volto di Gesù. Una donna coraggiosa capace di riconoscere il Figlio di Dio, nel volto del Cristo. L’amore che questa donna incarna la rende forte, sfida le guardie, si avvicina al Signore. C’è il volto di Dio nel volto sfigurato dei “milioni di profughi, rifugiati e sfollati “, è la denuncia della sesta stazione, in cui ci viene chiesto di “asciugare le lacrime e il sangue dei vinti di ogni tempo, di quanti la società ricca e spensierata scarta senza scrupolo”. E’ chiesto anche a noi come Veronica, la donna senza volto, di asciugare, di riconoscere nel volto sfigurato dei fratelli, il volto di Cristo.
Gesù cade la seconda volta. Siamo nella settima stazione, il Figlio di Dio incarna il “potere dei senza potere”, mette a nudo la sua umanità. Nessuno mai vorrebbe cadere a terra spesso “gli uomini si ribellano all’idea di non avere potere, di non avere la capacità di portare avanti la propria vita”. Solo Dio può salvarci.
Nella ottava stazione Gesù chiede la conversione alla folla rappresentata dalle donne. Non piangete su di me ma su di voi quando non fate la volontà di Dio; così chiediamo “viscere di misericordia” che ci permettano di convertici e di avere compassione di noi e degli altri.
Nella nona stazione, Gesù cade per la terza volta. Io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo. Quante volte cadiamo? Ecco una triplice esclamazione: “Quante volte gli uomini, le donne e i bambini soffrono per una famiglia spezzata. Quante volte gli uomini e le donne pensano di non avere più dignità perché non hanno un lavoro. Quante volte i giovani sono costretti a vivere una vita precaria e perdono la speranza per il futuro”. L’uomo che cade e che contempla il Dio che cade ammette la sua debolezza ma senza disperazione perché anche Dio l’ha provata nel Figlio suo. E’ per misericordia che Dio si è inchinato su di noi attraverso la morte in Croce del Figlio. In questo momento si ricordano “tutti coloro che sono a terra per tanti motivi: peccati personali, matrimoni falliti, solitudine, perdita del lavoro, drammi familiari, angoscia per il futuro”, “Dio di misericordia per tutti loro ti preghiamo… Per continuare a sperare contro ogni speranza.”
La “banalità del male” e “le piaghe dei bambini profanati nella loro intimità”. Sono gli ingredienti della decima stazione dove Gesù è spogliato delle vesti dove tirarono la sorte: la banalità del male è nello sguardo dei soldati che non sono colpiti dalla morte di Gesù ma sono presi dalla loro passioni. Il paradosso della libertà che Dio concede ai suoi figli: di fronte alla morte di Gesù “ogni uomo può scegliere: contemplare il Cristo o tirare a sorte”. Il corpo di Cristo spogliato di tutto, vestito solo di amore contempla il corpo di tutti i denudati della storia. Di fronte alle piaghe dei corpi “di uomini e donne, di bambini e anziani, di malati e disabili non rispettati nella loro dignità”, l’alternativa è tra la “logica della cultura dello scarto” e quella di “accettare la volontà di Dio anche nelle condizioni peggiori”.
Crocifisso tra i due ladroni, Gesù dal suo trono di dolore perdona i suoi crocifissori. Siamo nell’undicesima stazione. La bilancia del grande riscatto, la croce vede una sapienza che si abbassa fino alla follia. I due malfattori indicano i nostri due modi differenti di stare sulla croce. Il primo propone una salvezza a buon mercato che scarti tutto ciò che non serve. Il secondo guarda non in basso ma nel cielo, e si fida di Cristo.
Gesù muore in croce nella XII stazione. Buio a mezzogiorno, l’inaudito accade sulla terra: l’uomo uccide Dio, crocifisso come un malfattore. Il salmo 22 sulle labbra di Cristo diventa un grido. “Il grido di Gesù è il grido di ogni crocifisso della storia, dell’abbandonato e dell’umiliato, del martire e del profeta, di chi è calunniato e ingiustamente condannato, di chi è in esilio o in carcere”. Lo dimostra il XX secolo che è stato definito il secolo dei martiri. “Esempi come quelli di Massimiliano Kolbe ed Edith Stein esprimono una luce immensa”, anche per Cristo “davvero questo uomo è il Figlio di Dio!” “Ma ancora oggi il corpo di Cristo è crocifisso in molte regioni della terra. I martiri del XXI secolo sono i veri apostoli del mondo contemporaneo”. Lui non si è tenuto niente: vesti, sangue, perfino la Madre… Per amore.
La “sobrietà” di Giuseppe D’Arimatea e “la fastosità dei funerali dei potenti di questo mondo”. E’ la contrapposizione che fa da sfondo alla tredicesima stazione, quella della deposizione dalla croce. Il coraggio di Giuseppe D’Arimatea è la fede gratuita, accogliente, sobria che ricorda quei cristiani che anche oggi per un funerale mettono a repentaglio la propria vita. Maria accoglie tra le sue braccia il corpo senza vita di Gesù. E ripete il suo “Fiat”. “La Madre che a tutti ha generato alla vita ai piedi della croce”.
Nell’ultima, la quattordicesima stazione, Gesù è deposto nel sepolcro. “L’uomo, abbagliato da luci che hanno il colore delle tenebre, spinto dalle forze del male, ha rotolato una grande pietra e ti ha chiuso nel sepolcro”, scrive il cardinale Bassetti dando del “tu” al suo interlocutore. “Ma noi sappiamo che tu, Dio umile, nel silenzio in cui la nostra libertà ti ha posto, sei all’opera più che mai per generare nuova grazia nell’uomo che ami, entra dunque nei nostri sepolcri! … “.

Luisa Loredana Vercillo

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