Dalla “città ostile alla città amica” attraverso una mobilità sostenibile per le persone diversamente abili

Bisogna partire da questo presupposto: “dalla città ostile alla città amica”. I centri urbani, ed i relativi sistemi per la mobilità, sono scomodi per tutti e per molte persone sono addirittura impraticabili: su questo vi è una convinzione generale. Ugualmente, però, siamo tutti convinti che per migliorare gli spazi costruiti e le nostre città sia possibile utilizzare leggi che esistono da tempo.

Secondo le stime dell’Unione Europea le persone con disabilità che vivono all’interno del vecchio continente oggi sono più di 80 milioni, una cifra che potrebbe crescere ed arrivare a 120 milioni nel 2020 a causa del progressivo invecchiamento della popolazione. Secondo una stima del Censis in Italia sono oltre quattro milioni le persone con disabilità pari al 6,7% della popolazione, trend stimato in crescita al 2020 con circa 4,8 milioni e 6,7 milioni nel 2040.

In occasione dell’audizione alla Commissione “Lavoro, previdenza sociale” del Senato della Repubblica nell’aprile 2016, il Presidente dell’ISTAT dichiara che sono circa 2,2 milioni le persone che percepiscono in Italia l’indennità di accompagnamento (Fonte ISTAT, anno 2014) e quasi 100 mila le persone che percepiscono l’indennità in Calabria a fronte di circa 120 mila disabili dichiarati dall’ISTAT nel 2013, con una spesa totale per interventi e servizi sociali dei Comuni singoli e associati nel territorio calabrese di poco inferiore a 11 milioni di Euro ed una spese pro capite pari a 469 euro, sensibilmente inferiore sia al dato medio nazionale pari a 2.990 euro sia al dato riferito all’area Sud, pari a 880 euro/pro capite.

Viste queste cifre considerevoli e differenti per territori, l’Unione Europea ha ritenuto necessario inserire nella sua agenda il tema e le problematiche legate all’accessibilità in Europa, termine che in questo caso è utilizzato con un’accezione molto ampia e che vuole comprendere prodotti, servizi, infrastrutture e tutto ciò che deve essere semplificato per un accesso ed uso da parte di persone con disabilità e non solo. Su questo tema si è mossa in primis la Commissione Europea che nel dicembre 2016 ha pubblicato una proposta di direttiva per l’adozione dell’Atto Europeo di Accessibilità (AEA). Un atto che ha lo scopo di definire i criteri di accessibilità per una serie di prodotti e servizi che possono essere considerati fondamentali per le persone con disabilità, sia temporanea sia permanente, e che dovrebbero essere rispettati obbligatoriamente da tutti gli Stati membri dell’UE se la direttiva per la creazione dell’AEA venisse approvata.

La proposta di direttiva, che è stata in questi giorni approvata dal Parlamento Europeo in prima lettura, prevede che gli Stati debbano garantire ai propri cittadini l’accessibilità verso i distributori automatici di biglietti e check-in, gli sportelli bancomat, i PC e sistemi operativi, i telefoni e televisori, i servizi bancari per i consumatori, gli e-book, i servizi di trasporto (compresi i trasporti pubblici urbani quali metropolitana, ferrovia, tram, filobus e autobus) ed i servizi connessi, l’e-commerce e gli altri servizi, quali terminali di pagamento, lettori di e-book e siti web.

Tuttavia in Italia, sin dal 1971, una serie di provvedimenti ha sancito impegni ed obblighi per tecnici ed amministratori, anche se in quell’epoca la necessità di quei provvedimenti non era stata ancora assorbita culturalmente. Per questo, fino a poco tempo fa, non si è avuto, o quasi, alcun risultato positivo sul territorio in termini di accessibilità agli utenti diversamente abili. Negli anni è però notevolmente aumentata, esercitando una pressione sempre maggiore, la somma di tutte le persone che hanno cominciato a capire che questa scomodità era una “scomodità senza senso” e che la “città piena di ostacoli”, poteva, e doveva, essere modificata.

Queste pressioni hanno portato alla emanazione di ulteriori Leggi importanti tra le quali la 13/89, il DM 236/89, la 104/92, “Legge quadro sull’handicap” e il DPR 503/96. Attualmente quindi, le disponibilità normative sull’accessibilità ed il superamento delle barriere architettoniche, sono notevoli ma gestite con strumenti inadeguati. Motivo per cui si conferma essenziale l’approvazione da parte della UE dell’Atto Europeo di Accessibilità.

Gli strumenti legislativi attualmente disponibili
I problemi conseguenti hanno ricadute negative di tipo sociale ed economico, su un’ampia fascia di persone con svantaggi per una ridotta mobilità. È necessario, pertanto, invertire la tendenza e potenziare le azioni concrete che attuino le Leggi ed abbiano efficacia per rendere lo spazio costruito, i sistemi di trasporto ed il territorio, realmente vivibili da parte di tutti i cittadini. Occorre superare i limiti fin qui dimostrati nel porre decisione e continuità, destinare risorse umane e finanziarie, individuare priorità da affrontare anche sul tema della fruibilità urbana e della mobilità sia in modo generalizzato sia con particolare riguardo per chi ha difficoltà motoria o sensoriale.

La legislazione vigente contempla una serie di norme che tendono ad agevolare la mobilità delle persone diversamente abili alle quali, il legislatore, ha riconosciuto il diritto di muoversi liberamente sul territorio, usufruendo dei servizi di trasporto collettivo alle stesse condizioni degli altri cittadini. Nello stesso modo, anche la materia del trasporto su gomma, tranviario, filoviario e metropolitano è stata disciplinata, nel nostro ordinamento, da una serie di disposizioni legislative e ministeriali.

La “Legge quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate” viene approvata il 5 febbraio 1992 dopo un iter di alcune legislature. Il testo assume il numero 104 e viene pubblicato nel Supplemento Ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 39 del 17 febbraio 1992. I 44 articoli costituenti la norma contengono molte indicazioni previgenti ed alcune nuove disposizioni di rilievo come la definizione di handicap, i permessi lavorativi e le nuove regole per l’inserimento scolastico.

Le critiche maggiori ricevute al momento della messa in vigore si concentrano sull’eccessivo margine discrezionale lasciato alle Regioni ed agli Enti Locali, ma anche sulla limitata copertura finanziaria di tutte le intenzioni espresse.

Secondo l’art. 26, comma 1 (Mobilità e trasporti collettivi) della Legge Quadro (104/92) le Regioni sono tenute “a disciplinare le modalità con le quali i Comuni dispongono gli interventi per consentire alle persone handicappate la possibilità di muoversi liberamente sul territorio, usufruendo, alle stesse condizioni degli altri cittadini, dei servizi di trasporto collettivo appositamente adattati o di servizi alternativi”. Inoltre, i Comuni devono assicurare, nell’ambito delle proprie ordinarie risorse di bilancio, modalità di trasporto individuali per i portatori di handicap non in grado di servirsi dei mezzi pubblici.

Dall’entrata in vigore della presente Legge le Regioni erano tenute ad elaborare, nell’ambito dei “Piani Regionali di Trasporto”, i “Piani di mobilità delle persone handicappate”, da attuare anche mediante la conclusione di accordi di programma ai sensi dell’art. 27 della Legge n. 142 dell’8 giugno 1990. I suddetti Piani dovevano (devono) prevedere servizi alternativi per le zone non coperte dai servizi di trasporto collettivo e, fino alla completa attuazione dei Piani, le Regioni e gli Enti Locali dovevano assicurare i servizi già istituiti. I “Piani di mobilità delle persone handicappate” predisposti dalle Regioni dovevano essere coordinati con i Piani di trasporto predisposti dai singoli Comuni o Province. Di tutto questo, ad eccezione di alcune realtà virtuose (Macerata e poche altre), non si ha traccia o esperienze significative.

Oltre alla specifica normativa relativa all’eliminazione delle barriere architettoniche nei servizi pubblici, altri provvedimenti sono intervenuti per agevolare la mobilità dei cittadini diversamente abili con i mezzi di trasporto pubblici. Si ricorda che la Legge 104/92, all’art. 26, impone alle Regioni, alle Province ed ai Comuni di “assicurare la mobilità delle persone disabili e di supplire, con mezzi adeguati, alla carenza o assenza di accessibilità nel Trasporto Pubblico Locale”.

Lo stato dell’arte in Regione Calabria
La Legge Regionale n. 27 dell’8 maggio 1985, “Norme per l’attuazione del diritto allo studio”, all’art. 1, comma 2, punto e), evidenzia come obiettivo regionale “assicurare ai minori portatori di handicap l’inserimento nelle normali strutture scolastiche garantendo loro l’assolvimento dell’obbligo scolastico ed ogni possibile facilitazione per la frequenza delle scuole di istruzione secondaria superiore”. Inoltre, al successivo art. 4, comma 4, si rileva come “agli alunni portatori di handicaps è fornito, in relazione ad esigenze di carattere economico e familiare, ogni servizio e strumentazione tecnica idonea a facilitarne la frequenza e l’apprendimento”.

In ambito “accessibilità” in questi ultimi anni la Regione Calabria ha affrontato il tema dei trasporti e della mobilità per le persone diversamente abili nell’ultima Legge Regionale (35/2015) sul Trasporto Pubblico Locale nella quale, all’art. 2, comma 2, punto i), si rileva come obiettivo della stessa “il miglioramento della qualità dei mezzi di trasporto e dei terminali di accesso/egresso in termini di comfort, pulizia e accessibilità per i soggetti diversamente abili”. Dopo di ché non si fa alcuno accenno alla pianificazione dei servizi ed alla programmazione di infrastrutture intelligenti per le persone diversamente abili.
Tant’è, attraverso una lettera aperta a Il Fatto Quotidiano” nel mese di agosto, il blogger Luca Faccio, esperto sulle tematiche legate ai disabili e blogger de Il Fatto Quotidiano, e Tania Paolino, docente e giornalista, chiedono alla Regione Calabria “di spendere bene i 200 milioni per i trasporti e che siano accessibili anche alle persone diversamente abili”.

Quali sono gli accorgimenti da portare avanti sul territorio calabrese?
È palese che non tutti gli utenti della strada godono degli stessi diritti; esistono infatti categorie di utenze definite “deboli” composte da soggetti diversamente abili, anziani ed altri. Infatti, molte persone con ridotte capacità motorie, visive o uditive, si trovano, purtroppo, ad essere ancora in parte discriminate poiché uno scalino o la larghezza di una porta sono loro di impedimento nelle varie occasioni di vita sociale.

I suggerimenti sono mirati all’Amministrazione Regionale calabrese in modo da definire le linee guida per la realizzazione di appositi “Piani della mobilità delle persone diversamente abili”, la cui redazione rimane a cura delle Amministrazioni locali, al fine di risolvere i problemi dell’accessibilità alla città ed indirizzare la programmazione verso la previsione delle condizioni elementari necessarie per rendere la città fruibile a tutti, oltre il mero rispetto di quanto previsto dalle leggi vigenti in materia (tra cui la legge n. 4 del 2004, riguardante l’obbligo di accessibilità per i siti di pubblica utilità, o la Legge n. 13 del 1989, che introduce l’obbligo, per qualsiasi edificio privato, del rispetto di tre condizioni: accessibilità, adattabilità, visibilità).

Il “Piano della mobilità delle persone diversamente abili” quindi si indirizza verso l’articolazione di una serie di approcci che permettano un sostanziale miglioramento della qualità degli spostamenti delle utenze deboli attraverso un drastico abbattimento delle barriere architettoniche.

Esempi delle citate limitazioni sono rappresentati da elementi architettonici (parcheggi, porte, scale, corridoi), da oggetti ed arredi (lavandini, armadi, tazze WC), da mancanza di taluni accorgimenti (scorrimano, segnaletica opportuna) o da elementi che possono essere causa di infortuni (materiali sdrucciolevoli, porte in vetro non evidenziate, spigoli vivi…). Nelle città italiane sono ancora presenti un numero consistente di barriere architettoniche, malgrado l’esistenza delle Leggi che ne impongono l’eliminazione. In ambito trasportistico, e più precisamente nel settore dei servizi, i diversamente abili sono tutelati dall’articolo 27 delle Legge n. 118 del 1971, tramite cui si esprime il principio generale di rendere il servizi di trasporto pubblico accessibili ai non deambulanti. La successiva Legge 384/1978 va a regolamentare i campi e le modalità di applicazione delle disposizioni contenute nella 118/1971.

Di conseguenza, emerge l’esigenza (condivisa) di approfondire diversi e fondamentali argomenti tra i quali anche la definizione dei Piani della mobilità per i diversamente abili. Il documento programmatico, le cui Linee guida di indirizzo sono a cura della Regione, deve essere caratterizzato da una serie di elementi che tengono conto di:
✓ informazione e formazione ai vari livelli (spot, video, etc.) sulla necessità di pervenire alla “città per tutti”;
✓ coordinamento e la razionalizzazione delle Leggi e delle normative vigenti,
✓ predisposizione di orientamenti e linee guida per gli aspetti applicativi e progettuali,
✓ aggiornamento “mirato” rispetto ai diversi settori competenza di Enti e Amministrazioni pubbliche e private;
✓ individuazione di sistemi di verifica sui finanziamenti pubblici per le nuove opere, restauri o ristrutturazioni;
✓ predisposizione degli standard, di linee – guida e coordinamento con il Codice della Strada per il rispetto delle normative per gli svantaggi sensoriali ed in particolare, per i non vedenti;
✓ approfondimento delle modalità del trasporto pubblico accessibile di tipo ferroviario, automobilistico, marittimo ed aereo;
✓ trasporto privato e relative facilitazioni riguardanti i veicoli e la circolazione (contrassegno speciale) con particolare attenzione alla distribuzione del contrassegno degli invalidi ed il monitoraggio degli stessi;
✓ predisposizione di direttive per la istituzione di servizi di ausilio per le zone pedonali, per persone a ridotta mobilità;
✓ definizione di appositi Piani di ammodernamento delle fermate del TPL in ambito urbano e delle autostazioni in ambito extraurbano;
✓ favorire l’utilizzo dei mezzi di TPL alle categorie protette attraverso la messa in opera di strumenti e tecnologie avanzate;
✓ incentivare l’acquisto e l’adattamento di veicoli privati per favorire le opportunità di mobilità e trasporto dei cittadini diversamente abili;
✓ favorire l’utilizzo del self-service assistito per il rifornimento nei distributori dei carburanti;
✓ incrementare le tariffe di trasporto agevolate per la categoria protetta.

Obiettivo pretenzioso anche per il Comune di Lamezia Terme la cui III Commissione Consiliare “Servizi Sociali – Sanità – Ambiente”, nel mese di agosto, ha dichiarato, a partire dal mese di settembre, la predisposizione della mappatura delle persone con disabilità in caso di calamità, terremoti e disastri al fine di integrare il Piano di Emergenza previsto per tali eventi naturali.

Il Piano della mobilità delle persone diversamente abili, in ambito locale, potrà e dovrà essere realizzato in sinergia con la Protezione Civile, il Comune ed il terzo settore significativamente attivo in questo delicato settore. Implementare misure specifiche nei piani di emergenza ha l’obiettivo di garantire alle persone con disabilità un’equa protezione, una città sicura, amica e non ostile. La definizione della mappatura può essere l’occasione di avvio di un percorso condiviso tra istituzione e parti sociali.

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MARCO FOTI
Marco Foti, pugliese di origini, ha vissuto e studiato a Reggio Calabria dove si è laureato, presso l’Università Mediterranea, in ingegneria civile, indirizzo trasporti.
Ha iniziato la propria attività professionale presso l’ateneo di Reggio Calabria in parallelo alla libera professione nel settore dell’ingegneria civile e dei lavori pubblici.

Vive in Liguria dove è Iscritto all’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Genova. Esperto di pianificazione e programmazione dei sistemi di trasporto e dei servizi di logistica, è stato membro della Commissione Trasporti dell’Ordine di appartenenza ed è stato selezionato tra gli esperti di riferimento per il Ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture per il periodo 2011-2012 e 2016-2017.

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