Lamezia Terme, Pitaro (Gruppo Misto) incontra comitati che difendono sanità lametina

«Presenterò un’interrogazione alla presidente Santelli per l’assurda riduzione delle funzioni e delle attività del Centro Trasfusionale di Lamezia Terme. Un’ingiustizia che si aggiunge al già grave smantellamento del sistema sanitario lametino: è inaccettabile che la quarta città più popolosa della Calabria e tutto il suo comprensorio non abbiano un ospedale dignitoso in cui curarsi». Lo dice il consigliere regionale Francesco Pitaro (Gruppo Misto) incontrando “Cittadinanzattiva”, il Comitato Salviamo la Sanità del Lametino, il Tribunale per i Diritti del Malato e il Comitato Malati Cronici.

«Il centro trasfusionale di Lamezia era un fiore all’occhiello della sanità calabrese, con servizi all’avanguardia trainanti per tutta la regione – commentano i rappresentanti dei Comitati – Con il DPGR n.58/2014 immotivatamente e senza logica alcuna, il servizio è stato ridotto da 12 a 6 ore giornaliere: una scelta che non tiene conto delle purtroppo numerose situazioni di emergenza-urgenza, facendo presagire conseguenze perniciose anche nella semplice assistenza ordinaria e mettendo a rischio la salute e la vita dei pazienti. Il tutto aggravato dal fatto che tale ingiustificato accentramento dei servizi trasfusionali comporta la necessità di continuo trasferimento da una parte all’altra del sangue raccolto e di quello lavorato, aumentando a dismisura i costi del servizio».

«Dopo aver accolto la preoccupazione del dottor Domenico Fusto, direttore del Centro Trasfusionale di Lamezia, e dei Comitati che difendono la sanità del lametino, svolgendo un indispensabile e importante lavoro di tutela della salute cittadina – dice Pitaro – chiederò alla presidente Santelli di modificare prontamente le disposizioni impartite dal DPGR n.58/2014, affinché venga scongiurato una volta per tutte un ridimensionamento irragionevole che ignora esigenze tutt’altro che marginali. Urgono chiarezza e rispetto per una comunità che deve poter godere del diritto a curarsi nella propria città».

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