Claudio Cavaliere parla a l’Espresso di comuni in dissesto “dimenticando” il caso Lamezia

corte-dei-contiSpese pazze o inutili. Assunzioni a pioggia nelle partecipate. Operazioni finanziarie a rischio. Ma anche tagli ai trasferimenti dal governo centrale che hanno costretto i comuni a mettere le mani nelle tasche dei cittadini. Il sito del settimanale L’Espresso fa un’analisi delle situazioni finanziarie dei comuni italiani, in particolari di quelli che, come Lamezia, sono finiti nel mirino della Corte dei Conti che li ha costretti a varare dei piani di riequilibrio finanziario o a deliberare il dissesto.Da Parma a Napoli passando per Roma, nel pezzo a firma di Sara Dellabella, viene fatta un’inchiesta sulle cause che hanno portato tanti comuni sull’orlo del crac. C’è la Parma di Pizzarotti, ma anche Roma e Napoli entrambe beneficiate dal cosiddetto “decreto Salva Roma” che ha consentito sia alla Capitale sia alla terza città italiana di varare un piano di riequilibrio finanziario evitando le procedure esecutive da parte della Corte dei Conti.

Sulla situazione finanziaria dei comuni calabresi, a parlare è proprio il lametino Claudio Cavaliere di Legautonomie che all’Espresso ha dichiarato: “al 1992 ad oggi, è la regione che ha avuto più dissesti. Eppure i Comuni calabresi in difficoltà sono molti più di quelli dichiarati nelle statistiche. Il trucco che permette di rinviare la dichiarazione effettiva di dissesto è quello dei “residui attivi”, ovvero i tributi indicati a bilancio come non ancora incassati. Sono una massa enorme e spesso vengono trasferiti da un anno all’altro senza riscuoterli mai” quantificando in 1,7 miliardi di euro i tributi non riscossi dei Comuni calabresi.

Cavaliere non fa cenno al “caso Lamezia” che – come dichiarato su alcuni organi di stampa dal prof. Ettore Iorio avvocato del comune – ha fatto giurisprudenza, perché la Corte romana ha annullato l’intimazione al dissesto della sezione regionale: in altri termini, se a giudicare a dicembre le finanze comunali lametine fosse stata la Corte dei Conti di Roma non si sarebbe mai parlato di dissesto.

Cavaliere, dunque, omette di parlare del caso Lamezia che, oltre a rappresentare una sorta di “precedente” nella giurisprudenza della Corte dei Conti, riflette perfettamente quanto lo stesso presidente dell’Anci Piero Fassino aveva scritto in una lettera inviata a gennaio scorso al Presidente della Corte dei Conti Raffele Squitieri chiedendo di “avviare una riflessione congiunta sul ruolo e i poteri della Corte dei Conti ed in particolare delle sezioni regionali, in relazione agli aspetti che toccano l’ordinato ed efficiente svolgimento dell’azione istituzionale dei Comuni”.

Nella lettera Fassino evidenziava i ”’numerosi casi di pareri resi dalle sezioni regionali in sede collaborativa e consultiva che risultano discordanti tra loro ovvero casi in cui, anche considerata la inadeguata fattura delle norme, le pronunce rese contengono linee interpretative del corredo normativo”. Da qui la richiesta ”’di un coordinamento piu’ incisivo della Sezione centrale delle Autonomie, nonche’ un dialogo piu’ proficuo e costante con l’Associazione”, soprattutto sui temi ”’della gestione finanziaria e del personale, nonche’ i temi riguardanti il ruolo dell’organo di giurisdizione contabile nelle nuove procedure relative ai Comuni che chiedono l’accesso ai piani di riequilibrio”.

Salvatore D’Elia

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