Bolletta telefonica: aumento costo servizi senza avvertire clienti

telefonoSpettabile Avvocato Borrello,
ho un contratto telefonico con la … (omissis). Leggendo la bolletta, ho verificato che mi hanno aumentato il costo di alcuni servizi. Ho controllato anche le precedenti bollette, ed ho visto che questi costi sono aumentati da almeno un anno.

A dire il vero non si tratta di grosse maggiorazioni, però non capisco se potevano farlo senza avvisarmi oppure ho diritto ad avere restituiti i soldi che ho pagato in più.
Non è per i soldi, ma non mi sembra giusto che una società telefonica possa aumentare i costi dei servizi senza avvertire i propri clienti, quindi per una questione di principio vorrei che mi restituissero quanto ho pagato in più.
Grazie.

Gentile signore,
le fatture relative alle utenze attive presso le nostre abitazioni sono composte da una pluralità di voci di debito, delle quali spesso si preferisce dare per buono il contenuto e l’ammontare, senza soffermarsi troppo a svolgere una specifica analisi delle stesse.
Così facendo, tuttavia, si rischia l’accollo di spese relative a servizi non richiesti, oppure in eccesso rispetto a quelle contrattualmente pattuite; il fatto che tali maggiorazioni siano spesso di bassa entità aumenta la loro attitudine a “confondersi” tra le somme dovute, passando così inosservate agli occhi degli utenti.
Ci troviamo, nella vicenda da Lei prospettata, proprio nella situazione sopra descritta; e al di là della questione di principio che Lei giustamente solleva, mi permetto di precisare che, conti alla mano, anche pochi euro in più per ogni fattura, moltiplicati per più fatture e magari più anni, possono diventare una cifra impegnativa.
Andiamo ora ad analizzare il Suo caso alla luce della normativa vigente.

Innanzitutto, pare opportuno evidenziare che, a norma del Codice del Consumo, “…Si presumono vessatorie fino a prova contraria le clausole che hanno per oggetto, o per effetto, di: … consentire al professionista di modificare unilateralmente le clausole del contratto, ovvero le caratteristiche del prodotto o del servizio da fornire, senza un giustificato motivo indicato nel contratto stesso…” (art. 33 comma 2 lett. m); in ogni caso, l’art. 70 c. 4 d.lgs. 259/2003 (Codice delle Comunicazioni elettroniche) prevede che “…Il contraente, qualora non accetti le modifiche delle condizioni contrattuali da parte delle imprese che forniscono reti o servizi di comunicazione elettronica, ha diritto di recedere dal contratto senza penali né costi di disattivazione. Le modifiche sono comunicate al contraente con adeguato preavviso, non inferiore a trenta giorni, e contengono le informazioni complete circa l’esercizio del diritto di recesso…”.

Appare sufficiente richiamare queste due norme –omettendo il rimando ad altri principi del Codice del Consumo e del Codice Civile in materia contrattuale- per chiarirLe che quand’anche, per mera ipotesi, la modifica unilaterale del contratto fosse da considerarsi legittima (ad esempio, perché la clausola che la prevede è stata approvata per iscritto, perdendo così i caratteri di vessatorietà), essa avrebbe dovuto essere tempestivamente comunicata, sì da permettere il recesso senza spese dal contratto stesso.

In sintesi, la mancanza di specifica approvazione per iscritto, da parte del consumatore, della clausola relativa alla possibilità di modificare unilateralmente il contratto, o comunque, anche in caso di approvazione (o di eventuali giustificati motivi indicati nel contratto), l’assenza di tempestiva comunicazione delle modifiche stesse, rende queste ultime illegittime; l’utente ha, di conseguenza, diritto al ripristino delle originarie condizioni contrattuali, oltre che alla restituzione delle somme indebitamente versate.

Va aggiunto, peraltro, che potrebbe trovare spazio e accoglimento anche una pretesa risarcitoria dei pregiudizi non patrimoniali sofferti per effetto dell’illegittimo comportamento tenuto dal gestore telefonico; sull’argomento pare non opportuno soffermarsi (attesa, tra l’altro, l’ampia discussione giurisprudenziale sulla risarcibilità dei danni c.d. “bagatellari”, ovvero consistenti in disagi o fastidi), ma ci si limita ad evidenziare che non poche sentenze hanno riconosciuto il diritto degli utenti ad ottenere, per esempio, il ristoro dei pregiudizi legati “…alla necessità di doversi “difendere” da modalità comportamentali aggressive poste in opera da un soggetto economico molto forte, subdole per le modalità con le quali vengono poste in essere a fronte per altro di esborsi contenuti, quali possono rendere “poco visibili” agli utenti la lesioni alla sfera dei diritti di libertà economica così posti in essere…”.

Sperando di esserLe stato utile, Le porgo cordiali saluti.

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