Lo Strumbulu: un gioco di una volta…
E’ un cono rovesciato in legno con scanalature circolari e punta in ferro (vd. immagine in basso): il suo nome è di derivazione greca, da stròmbulon (trottola). Gli strumbuli si dividevano in tre categorie: i pirnuzzi, i gravuseri e o grastilleri. Le prime erano leggere e il loro moto durava tanto. I gravuseri erano pesanti e giravano per poco tempo, mentre i grastilleri avevano un moto irregolare (Gabriella D’Ippolito).
Giocarci prevedeva diverse varianti, dalle più semplici alle più complesse. Una era quella in cui giovani militanti aprivano le danze, facendo il tocco: lo sfortunato poneva il suo balocco rotante in un cerchio sotto l’attacco di tutti, che scagliavano il proprio per colpirlo e spaccarlo. In un’altra i partecipanti lanciavano il loro ninnolo con una conta a cronometro manuale: vinceva chi lo faceva girare più a lungo. In un’altra ancora il giocatore spingeva il suo giocarello all’interno di un circolo (precedentemente tracciato per terra) con lo scopo di battere quello dell’avversario e spingerlo fuori dal cerchio. Certo, non esisteva un testo regolativo ufficiale dello Strummulu, per cui è difficile assolutizzare una prammatica: né le possibilità elencate pretendono di esaurire il problema del metodo, rimesso, per consuetudine, alle norme condivise dei gruppi di gioco. Mi va di sottolineare, però, il valore comunitario del fare insieme, ben lontano dalla logica dei game boy o della playstation, cui, al contrario, ci si nutre di surrogati di realtà e di solitudini.
Prof. Francesco Polopoli
*Foto di Francesco Antonio Fagà
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