Vescovi calabresi presentano nota pastorale su ‘ndrangheta: “Stritola indifesi, calpesta dignità persona, intossica corpo sociale”

vescovi_calabria“La ‘ndrangheta è una struttura di peccato che stritola il debole e l’indifeso, calpesta la dignità della persona, intossica il corpo sociale”. A scriverlo sono i vescovi calabresi nel documento “Testimoniare la verità del Vangelo. Nota pastorale sulla ‘ndrangheta”, pubblicato questa mattina dalla Conferenza episcopale calabra (Cec).

Quattro capitoli che, come spiega monsignor Salvatore Nunnari, presidente della Cec e arcivescovo di Cosenza-Bisignano, “noi Vescovi calabresi non ci siamo impegnati a scrivere ‘contro’ qualcuno, ma ‘per’ annunciare la Verità eterna del Vangelo di Gesù Cristo”. Una verità in una regione, quella calabrese, “terra meravigliosa”, che, recita il documento, “si trova dentro un “vuoto” che appare profondo. Un vuoto di certezze, di presenza, di fiducia, di impegno, un vuoto di ‘fatti’”, che “tocca le stesse Istituzioni, lacera il tessuto della politica, riduce la speranza dei giovani”.

Il documento condanna fortemente il fenomeno mafioso cita “la disoccupazione, la corruzione diffusa, una politica, che tante volte sembra completamente distante dai veri bisogni della gente”. In una simile situazione, afferma mons. Nunnari, “è chiaro che questo annuncio diventa come una “spada affilata” e “trafigge chi si pone in una situazione opposta al Vangelo. Ed è qui che si radica il discorso sulla ‘ndrangheta. Chi ne fa parte non solo tradisce il Vangelo, ma è come se vivesse calpestandolo ogni giorno”.

Un fenomeno “deleterio” che “ha infestato la nostra vita sociale ed è penetrato anche in certi scenari religiosi di alcune comunità ecclesiali locali”. I vescovi calabresi definiscono i fenomeni ‘ndranghetisti, “una realtà criminale che ha raggiunto ormai una dimensione ‘globalizzata’”. “Possiamo affermare – scrivono – che lo stravolgimento subito dalle devozioni e dalle pratiche di culto della Chiesa ha portato, a volte, alcune belle forme di pietà popolare a diventare autentiche manifestazioni di idolatria, mascherata di religiosità”.

La nota richiama anche l’intervento di Papa Francesco durante la visita a Cassano il 21 giugno scorso, facendo concludere a mons. Nunnari che “chi fa parte della mafia – anche se non ha ricevuto una scomunica scritta – si pone automaticamente fuori dalla comunione ecclesiale” Per questo “il mafioso, se non dimostra autentico pentimento, né volontà di uscire da una situazione di peccato, non può essere assolto sacramentalmente, tantomeno può rivestire uffici e compiti all’interno della comunità ecclesiale”. A tal fine i vescovi calabresi hanno deciso di affidare “a un prossimo Direttorio gli aspetti della Celebrazione dei Sacramenti e della Pietà popolare, principi e linee guide, a cui ispirarsi e attenersi nelle nostre Diocesi di Calabria”.

“Noi vescovi facciamo riecheggiare l’eco di alcune parole indimenticabili, quali quelle di Papa Wojtyla ad Agrigento e quelle di Papa Bergoglio a Sibari; ma ricordiamo anche tante prese di posizione lungo questi ultimi 70 anni dell’episcopato calabrese”.

Nel documento si presenta “il volto reale della mafia e della ’ndrangheta, senza mezze parole, ma con una chiarezza estrema, che va alla radice di questo fenomeno aberrante, che è in tutta evidenza opera del Maligno. Un fenomeno, che è insieme l’antistato, con le forme di dipendenza, che crea nei paesi e nelle città; e l’anti-religione, con i simbolismi e gli atteggiamenti utilizzati al fine di guadagnare consenso”.

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