Lavoratori Leonardo trasferiti. Lo Papa: «È una forma di mobbing per indurli a dimettersi»

Prima costretti a lavorare un giorno a settimana, a mettere in tasca poche centinaia di euro incassando il rifiuto dell’azienda di accedere a qualunque forma di ammortizzatore sociale, ora trasferiti nella sede di Catania con due o tre turni ogni quindici giorni.

Continua l’agonia degli addetti al portierato nella sede lametina della Leonardo Spa, azienda italiana attiva nei settori della difesa, dell’aerospazio e della sicurezza, il cui maggiore azionista è il ministero dell’Economia e delle Finanze.

La Fisascat Cisl Calabria da tempo denuncia le gravi lesioni dei diritti dei lavoratori  e non molla la presa. «È assurdo che in un periodo come quello pandemico, in cui tutte le aziende premono per avere accesso agli ammortizzatori, un’azienda decida di lasciare i propri dipendenti senza sostegno al reddito», afferma il segretario generale Fortunato Lo Papa.

La Leonardo Spa, lo ricordiamo, ha dato il servizio di portierato in appalto a SicurItalia, che sua volta lo ha girato in subappalto alla cooperativa siciliana Ancr. Quest’ultima, dopo le azioni dimostrative finalizzate a rivendicare i propri diritti, ha trasferito tout court i lavoratori a Catania.

«Così si continua a calpestare la dignità dei lavoratori –aggiunge Lo Papa – basti pensare che all’unica unità rimasta in servizio a Lamezia, categoria protetta, viene chiesto il doppio turno. Come Fisascat, con il nostro ufficio vertenze, abbiamo impugnato il trasferimento a Catania e poi abbiamo interessato il nostro staff legale per promuovere ricorso al giudice del Lavoro per il rispetto dei diritti dei lavoratori».

«Non abbiamo intenzione di arretrare. Il contratto firmato dai lavoratori prevede come sede Lamezia Terme e non altre. Il trasferimento che è stato imposto è una forma di mobbing e di intimidazione per indurre il personale alle dimissioni. È inammissibile permettere tutto questo e ancora di più lo è pensare che la Leonardo Spa e la SicurItalia non siano ancora intervenute concretamente», denuncia il cislino.

«È ora – conclude Lo Papa – di mettere un punto a questa vicenda e di farlo nel modo più congruo e corretto a quello di un paese in cui il lavoro è ancora un diritto».

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