Docente lametino chiama “bastardo” un alunno. Lo sdegno dei Partigiani della Scuola Pubblica

classe_banchi_scuolaLAMEZIA TERME (CATANZARO) –  Riceviamo e pubblichiamo. “Come Partigiani della Scuola Pubblica non possiamo rimanere indifferenti davanti ad una lettera di un genitore, spedita all’Ufficio Scolastico Regionale della Calabria, al Ministero dell’Istruzione ed al Dirigente Scolastico del Liceo di Lamezia, che denuncia il comportamento gravemente in contrasto con l’etica umana e professionale di un docente di un liceo di Lamezia Terme (CZ).

Non conosciamo il nome e non ci interessa saperlo. Il fatto grave è che se un docente “abusa” del suo “potere” su uno studente, da educatore  si trasforma in aguzzino, anche se il fatto viene commesso non all’interno dei cancelli della scuola, ma presso quelli di una villa privata. Anche perché l’educatore è tale e rimane tale anche a casa propria.

Riprendiamo la vicenda direttamente e brevemente dalla lettera che ci ha sottoposto il genitore:

“Che ci indignino le immagini che i mass-media sovente ci trasmettono sugli abusi perpetrati ai danni di piccoli bimbi dell’asilo, o di anziani, o di diversamente abili che non possono difendersi, è cosa buona e giusta….è cosa buona e giusta che ci si indigni davanti all’arroganza e agli abusi, perpetrati a danni di adolescenti, da parte di “professionisti”.”

Una docente del liceo di Lamezia Terme avrebbe chiamato “bastardo” un ragazzo di una seconda classe, reo di essersi recato al bagno durante un compito in classe e sospettato quindi di averlo copiato. Sull’episodio la famiglia non ha inteso sporgere denuncia ma si è limitata a sottoporre la vicenda alla dirigente scolastica.

La docente, a conclusione dell’anno scolastico, organizza una festa nella sua bella villa al mare invitando alcuni colleghi e tutti gli alunni della classe, tutti ad esclusione di uno, il “bastardo” per l’appunto. Il ragazzo ignaro della posizione della professoressa si reca alla villa accompagnato dal padre. Suona al cancello. Chiama al telefono i compagni i quali, al colmo dell’imbarazzo comunicano “farfuglianti per telefono che per espresso e concitato divieto della docente quel cancello non poteva essere aperto in quanto la sua presenza non era gradita alla stessa”.

Il comportamento assolutamente anti-educativo si è quindi reiterato e sempre davanti a tutta la classe, sia dentro i cancelli della scuola che fuori. Qual è il messaggio che passa attraverso tali azioni? Inclusione, o meglio esclusione?

Si tratta di un isolato caso di abuso di ruolo. Del resto anche la dirigente scolastica, informata del fatto “non desidera tuttavia che esso sia pienamente chiarito, limitandosi ad un incontro formale tra le parti” ed è per questo motivo che la famiglia ha deciso di divulgarlo.

Ed è per questo motivo che come Partigiani abbiamo deciso di dare voce ai genitori, condividendo la visione della scuola come luogo in cui si cresce, ci si forma, e si educa, con una prospettiva comune tanto agli alunni che ai docenti e ai dirigenti. Tali comportamenti, purtroppo, oltre ad infrangere le più basilari regole della buona educazione e soprattutto dell’umanità, sono degne di biasimo perché infliggono mortificazione al cospetto della comunità scolastica ad un soggetto in formazione, incoraggiandone la dispersione. Questo atto comporta oltre che un danno psicologico all’allievo anche un cospicuo danno di immagine all’intera categoria dei docenti, alcuni dei quali, viene facile considerare,  agiscono male proprio a causa di un rapporto privilegiato col  Dirigente scolastico”.

Di seguito il testo integrale della lettera firmata.

“Che ci indignino le immagini,  che i mass-media sovente ci trasmettono,  sugli abusi perpetrati ai danni di piccoli bimbi dell’asilo, o di anziani, o di diversamente abili che non possono difendersi, è cosa buona e giusta anche perché ci troviamo difronte ad esseri che fisicamente non hanno l’opportunità di opporre resistenza alcuna all’abuso volgare ed orrifico da parte di chi, invece, dovrebbe proteggerli, prendendosi cura di loro, per giunta a titolo non già benefico, ma addirittura lavorativo e quindi retribuito; ma, ancor più buono e giusto è che noi ci si indigni davanti all’arroganza e agli abusi, perpetrati ai danni di adolescenti, da parte di “professionisti”, addirittura laureati,  a cui viene affidato il difficile compito non solo di preparare alla conoscenza, ma anche di educare alla democrazia e alla legalità, e non solo con le nozioni, ma soprattutto attraverso l’esempio, intere classi di studenti delle scuole superiori di II grado, nel difficile cammino che  dalla sicurezza dell’ambiente familiare deve introdurli nell’ambito sociale prima, e statale e internazionale poi; periodo quindi che necessita, aldilà della preparazione sui contenuti, senz’altro necessaria, soprattutto dell’autostima dei discenti, cavallo di battaglia indispensabile che ogni bravo docente dovrebbe alimentare nei propri alunni, specialmente in quelli più deboli e timorosi.

Peccato però che queste sane prospettive  siano l’esatto contrario di quanto si è verificato presso il Liceo Scientifico G. Galilei di Lamezia Terme, dove un alunno della 2 B, giammai entrato nelle grazie della professoressa di Latino,  dopo essere stato apostrofato, per una presunta copiatura mai accertata, con l’epiteto di “bastardo”, in presenza di tutta la classe, (per come riferito al momento),   ma in assenza del “malcapitato”, sanguinante in bagno (che coraggio da Don Abbondio!), veniva addirittura messo alla gogna, alla fine dell’anno,  rendendosi oggetto di un ulteriore motivo di oltraggio; infatti la suddetta prof.ssa, per chiudere in bellezza, si è fatta venire la felice idea di organizzare una festa di chiusura, nella sua bella villa al mare, invitando alcuni docenti del Consiglio di classe, nonché tutti gli alunni, delegando però il rappresentante di classe ed un compagno ad avvertire il “ bastardo”che la sua presenza, e solo la sua, non era gradita a quella finale festa di gruppo. I ragazzi, talvolta più saggi degli adulti, si sono però guardati bene dall’informare lo “scartato” di una simile decisione; forse pensavano a una sfuriata momentanea da parte dell’insegnante, che certo avrebbe parlato in un momento di nervi, sperando in ogni caso che all’ultimo minuto magari ci avrebbe ripensato; di certo non se la sono sentita, da graditi ospiti, di annunciare all’escluso il divieto di partecipazione. Ed è così che, ignaro di tale intrigo, dopo essersi fatto preparare dalla mamma qualcosa di buono (come del resto avevano fatto tutti i compagni), il giorno stabilito, accompagnato dal padre, anche Mattia si reca in quella villa, a circa 20 Km dalla città. Arriva ansioso il ragazzo,  deciso ormai a mettere una  pietra sopra l’increscioso episodio del “bastardo”, ma la sua meraviglia prima, e la sua frustrazione subito dopo, si scontrano con la forte umiliazione subita allorquando, davanti al cancello chiuso del residence, dov’era ubicata la villa di tanta prof, si sente dire dai compagni, farfuglianti per telefono, che per espresso e concitato divieto della docente quel cancello non poteva essere aperto in quanto la sua presenza non era gradita alla stessa. Se l’educazione passa attraverso l’esempio e, in questo caso, attraverso la vendetta degli adulti per giunta docenti; se l’educatrice coincide con la vendicatrice, per giunta gratuita,  giacchè nulla aveva fatto l’alunno per meritare l’ostilità della docente, mi domando cosa ci fa una tale insegnante in un Liceo che, per ironia della sorte, porta il nome di G. Galilei, il cui metodo sperimentale si basava proprio sull’esperimento e sulla verifica. Dal momento poi che la D.S, nel pieno potere delle nuove funzioni che le consentono di redarguire qualunque abuso dei docenti,  pure essendo al corrente dell’accaduto, non desidera tuttavia che esso sia pienamente chiarito, limitandosi ad un incontro puramente formale tra le parti, abbiamo deciso di divulgarlo affinchè la scuola (sulla quale ad ogni cambio di governo si abbattono dall’alto delle riforme che sarebbe meglio denominare “controriforme”), diventi davvero “la buona scuola”.

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