La “Pietra di Carìa”: fra baluardi medievali, echi romani e suggestioni future

imageLAMEZIA TERME (CATANZARO) – L’ “Associazione dei Santi 40 Martiri” in questi giorni di escursioni nella zona di Schieno Vieste si è accinta a percorrere un sentiero che da questa frazione porta a quella di Carìa fino ad arrivare al crocevia della località di San Mazzeo, nel comune di Conflenti. Questo percorso, tanto antico quanto misterioso, ha da sempre costituito il naturale palcoscenico per miti, storie e affascinanti leggende.
In particolare ciò che da subito cattura l’attenzione sono degli enormi monoliti posti lungo il sentiero, chiamati in gergo “pietra di Carìa”. L’etimologia di Carìa è ricollegabile al greco, con due possibilità: «charieris», “grazioso”, quindi “paese grazioso”, oppure «karya», “noce”, dunque “paese delle noci”.
Gli anziani del luogo ci hanno raccontato di conoscere bene questa “pietra di Carìa” in quanto il sentiero in cui è situata veniva percorso ai loro tempi per recarsi presso le “cone” delle piccole frazioni soprastanti, cioè piccole cappelle o insegne religiose dedicate a Santi e Madonne, davanti alle quali sostavano a pregare durante il viaggio verso il comune di Conflenti, nel quale si recavano per venerare la Madonna di Visora. Ciò che maggiormente ha suscitato il nostro stupore una volta giunti di fronte alle due grandi rocce – alte quasi 10 metri – è però stato il rinvenimento di una sorta di rifugio in pietra costruito alla base di uno di questi due monoliti. Utilizzato probabilmente come protezione dalle intemperie o come nascondiglio, esso è costituito da una serie di pietre disposte una sull’altra a formare un muro, adoperando come soffitto la base stessa del monolite sotto al quale è sito. All’interno di questa sorta di riparo sono presenti i segni di fumo che hanno annerito una parte della dimora e che confermerebbero quanto si narra relativamente alla possibilità che per più di un giorno questa abbia costituito la tana e il covo di qualche brigante dedito alla macchia.
A colpirci ancora di questo luogo sono stati altri muri di pietre al di sopra del monolite di cui buona parte crollata e poi forse riutilizzata per la costruzione di altri numerosi muri a secco disposti intorno a questi monoliti probabilmente a mo’ di difesa.
Ma queste mura alte fino a 2 metri e larghe 80 cm e questi enormi macigni probabilmente nascondono una storia molto più interessante di quanto possa sembrare: nel libro “Tra l’Amato e il Savuto” (Rubbettino, 1999) della professoressa De Sensi Sestito tal sentiero viene citato come “la scorciatoia di Schieno Vieste” usata dal Guiscardo per raggiungere di sorpresa la piana provenendo da Martirano, passando per le “Aquae Calidae”, ovvero le terme: ciò confermerebbe le ricostruzioni degli abitanti locali secondo cui una volta esso arrivava fino alle Terme di Caronte.
Ancora più interessante è il fatto che questo sentiero, probabilmente usato dal Guiscardo prima ancora che dai nostri nonni, ha origini ben più remote: gli storici ipotizzano infatti che una famosa via romana, chiamata “Popilia-Annia”, usata da questi ultimi per raggiungere i nostri territori passasse proprio da queste frazioni. Questa via, che risalirebbe al 132 a. C., fu usata poi nei secoli a venire dai pellegrini che la rinominarono “Via dei Santi” in quanto usata per recarsi nei luoghi di preghiera, e – come si legge sempre nel libro “Tra l’Amato e il Savuto” – anche dai monaci greci tra il IX e XI secolo per disseminare di monasteri la Calabria Settentrionale.
Potremmo ipotizzare alla luce di ciò che le pietre che costituivano questa via in tempi più recenti siano state usate per realizzare queste mura che numerose circondano tutto quanto questo luogo, e che il rifugio al di sotto del monolite sia stato per qualche pellegrino luogo di riparo dalle intemperie mentre si apprestava a percorrere questo sacro sentiero.
Queste nostre ricostruzioni basata solamente su supposizioni e senza alcuna pretesa di esaustività ci hanno reso molto curiosi; speriamo dunque di trovare la collaborazione necessaria per approfondire e magari trovare riscontri via via sempre più concreti.

Commenta