Presentato “Esclusi”, Capovilla: “Basta un caffellatte per ricominciare. Dagli ultimi”

capovilla_lamezia_libro“La storia siamo noi, nessuno si senta offeso, siamo noi questo prato di aghi sotto il cielo. La storia siamo noi, attenzione, nessuno si senta escluso. La storia siamo noi, siamo noi queste onde nel mare, questo rumore che rompe il silenzio, questo silenzio così duro da masticare. E poi ti dicono “Tutti sono uguali, tutti rubano alla stessa maniera”. Ma è solo un modo per convincerti a restare chiuso dentro casa quando viene la sera. Però la storia non si ferma davvero davanti a un portone, la storia entra dentro le stanze, le brucia, la storia dà torto e dà ragione…. La storia non ha nascondigli, la storia non passa la mano…”

La voce di De Gregori si alza intensa mentre le parole de “La storia siamo noi” fanno da colonna sonora alle immagini che scorrono sullo schermo. Visi attraversati dai solchi più dolorosi che hanno l’odore della salsedine, della polvere, del fango. I visi degli “Esclusi- Nelle periferie esistenziali con Papa Francesco”.

Inizia così la presentazione dell’ultima fatica letteraria di Don Nandino Capovilla e Betta Tusset tenutasi venerdì 12 dicembre alle ore 18,30 presso il salone parrocchiale “San Francesco di Paola” in Via della Pace, Lamezia Terme e resa possibile grazie all’impegno del Punto pace Pax Christi di Lamezia.
Nandino Capovilla è consigliere nazionale di Pax Christi, il Movimento Cattolico Internazionale della Pace, è responsabile della Campagna “Ponti e non muri” ed è parroco a Mestre dopo una forte esperienza a Gaza, in Palestina.

Lamezia come Mestre, anche qui ci sono tante etnie che convivono. Queste storie ci interpellano, sottolinea il moderatore P. Vincenzo Arzente dell’Ordine dei Minimi. Su queste storie ci interpella Papa Francesco come Chiesa e come singoli credenti: “Non dobbiamo metterci in discussione partendo dalle persone, ma dai bisogni” sottolinea P. Vincenzo. Ed è dalla necessità di dare voce a questi “Esclusi” le cui storie non finiscono sui giornali, le cui storie sono dimenticate o semplicemente non viste che nasce il libro. Anzi, queste non sono storie non viste, sono piuttosto non guardate, visto che non c’è niente di più facile che distogliere lo sguardo da ciò che non ci piace e posarlo su qualcosa di piacevole, o almeno rassicurante. “Esclusi” racconta otto vicende. Otto vite. Otto persone che vivono ai margini della società. Clochard, migranti, ex criminali… Vite segnate, compromesse. Che tuttavia non possono rinunciare alla speranza. Perché farlo significherebbe rinunciare a vivere.

Don Nandino inizia la sua esperienza un mattino, aprendo la porta della chiesa, “uscendo” fuori come tante volte ha chiesto Papa Francesco: “Sono diventate nostre le storie di fratelli senza casa ma con una vita piena che sta cambiando la mia di prete e potrebbe rivoluzionare una Chiesa timorosa del cambiamento. Sembrano mandati da papa Francesco a scompaginare tutto… Basta un caffellatte per ricominciare. Dagli ultimi.”

Don Nandino ci racconta che c’è, per esempio, chi ha vissuto gli orrori della guerra nella ex Jugoslavia; chi è entrato nel giro della criminalità organizzata; chi è rimasto senza tetto e senza lavoro. Tutti raccontano in prima persona la loro storia. C’è chi vorrebbe mangiare una pizza con gli amici, ma alle cinque del pomeriggio per il dormitorio devi essere già dentro… C’è Dennis che si ritrova tra le mani dopo tanti anni una chitarra, lui professore del conservatorio che dorme ormai sui cartoni, e che piangendo ritrova le sue note.

Di questi ultimi noi ne abbiamo paura, non teniamo conto che dietro ogni uomo o donna “escluso” vi sia una persona da ascoltare e amare. Il libro mostra anche la consapevole fatica che il “cristiano parrocchiale” sembra fare per vivere appieno il messaggio evangelico per uscire dalla logica di chi si ritiene nel giusto, ma ha difficoltà ad avvicinare gli “esclusi” dalla società quasi a ritenerli responsabili della propria “esclusione”: “Perché non ci pensavano prima? – dice Gaetano che incarna il prototipo del “cristiano da salotto” – io sono stato previdente, ho risparmiato per i miei figli, certo non ho pagato le tasse, ma non ho fatto niente di male!”

Ecco che allora il nostro comodo cristianesimo dalla “doppia vita”, per dirla alla Papa Francesco, “fa tanto male alla Chiesa” e alla società. Si tratta di prendere coscienza che queste vite ai margini delle periferie esistenziali e materiali traggono forza e voce da quella che è la “rivoluzione” avviata da Papa Francesco. Una Chiesa in “uscita” che si fa prossima degli ultimi e dei senza voce: “Io sono convinto di una cosa” ebbe a dire Francesco nel suo incontro con i consacrati: “I grandi cambiamenti della storia si sono realizzati quando la realtà è stata vista non dal centro, ma dalla periferia… Per capire davvero la realtà, dobbiamo spostarci dalla posizione centrale di calma e tranquillità e dirigerci verso la zona periferica”.

Siamo chiamati a far “trovare casa alle parole di Papa Francesco” che nell’ Evangelii Gaudium afferma: “Abbiamo dato inizio alla cultura dello scarto che, addirittura, viene promossa. Non si tratta più semplicemente del fenomeno dello sfruttamento e dell’oppressione, ma di qualcosa di nuovo: con l’esclusione resta colpita, nella sua stessa radice, l’appartenenza alla società in cui si vive, dal momento che in essa non si sta nei bassifondi, nella periferia, o senza potere, bensì si sta fuori. Gli esclusi non sono sfruttati ma rifiuti, avanzi. Nessuno deve essere uno scarto, nessuno deve essere escluso dall’amore di Dio e dalla nostra attenzione”.

Come scrive don Colmegna, nella postfazione del libro: “La relazione con le persone fragili, con gli abitanti ai margini non è la rieducazione dei deficienti, ma l’arte di creare le condizioni perché anche un fragile possa dire chi è e che cosa vuole realizzare nella vita!”

Don Nandino ed i suoi volontari hanno messo da parte ogni prudenza e ogni devozionismo dei cristiani da salotto e ci suggeriscono come ogni comunità possa concretizzare e diffondere il rinnovamento radicale avviato da papa Francesco partendo da gesti concreti come la convenzione con la biblioteca per permettere l’accesso ai senza casa che così trovano calore e servizi igienici, oppure con il Comune per i bagni pubblici, perché è più importante “la doccia quando cerchi lavoro che lo stomaco pieno…” .

Il messaggio che deriva dal libro e soprattutto dall’esperienza concreta di don Nandino che ha “la puzza delle sue pecorelle” e dei suoi combattivi volontari è che siamo chiamati ad un cambio di prospettiva: non si tratta di essere buoni, di essere generosi ma di imparare a vedere la storia attraverso gli occhi dei tanti “esclusi” che ogni giorno incontriamo sul nostro cammino; chinarsi sui poveri così come chiede Francesco vuol dire rifiutare la “globalizzazione dell’indifferenza” perché come insegna Adam arrivato a Lampedusa con un carico di morte, “la vita per strada accanto a chi è escluso, insegna la dignità e l’intimità.”

Condividere il cammino insieme…in fondo Papa Francesco non ha scoperto nulla di nuovo, ma ha tolto la polvere da quel Vangelo che lì da 2000 anni ci interroga e ci inquieta: “Siamo chiamati ad essere in strada, invitando e servendo gli emarginati e gli esclusi, affinché non lo siano. Vediamo l’immagine di Dio negli occhi di tutte quelle persone”.

“La storia non passa la mano” canta ancora De Gregori e neanche noi dovremmo, solo così sarà pervasa da questa nuova primavera.

Luisa Loredana Vercillo

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