Riflessione di un delegato lametino al Convegno Ecclesiale di Firenze

salvoChe cosa si aspetta la Chiesa da me? Cosa posso fare per dare il mio contributo perché la  Chiesa sia capace di intraprendere nuove vie, per annunciare alle donne e agli uomini di oggi che Gesù è la risposta alle attese più profonde del cuore umano?

Sono alcune delle domande con cui si torna da Firenze 2015. I cinque giorni intensi vissuti al Convegno Ecclesiale Nazionale della Chiesa Italiana non ci hanno dato risposte preconfezionate, non ci hanno consegnato piani pastorali da calare in maniera indifferenziata nelle nostre comunità ecclesiali. Firenze ci ha provocati, ha suscitato nuove domande in noi delegati e in tutta la Chiesa italiana. Da Firenze, riparte una Chiesa italiana “inquieta”, come ci ha esortati Papa Francesco. Una Chiesa “in uscita” che, fedele a Cristo, va incontro alle donne e agli uomini del nostro tempo nelle molteplici realtà umane in cui essi vivono. Una Chiesa che vuole costruire “piazze e ospedali da campo” per guarire e salvare un’ umanità ferita, assetata di senso, di verità, di amore, di giustizia.

Vorrei raccontare la mia esperienza di delegato diocesano per la Diocesi di Lamezia Terme al Convegno di Firenze attraverso alcune immagini dei tantissimi momenti di comunione vissuti la scorsa settimana.

La prima: la processione degli oltre 2500 delegati che, nella serata di lunedì 9 novembre, partendo dalle quattro basiliche della città (Santa Croce, Santo Spirito, Santa Maria Novella e Santissima Annunziata) hanno raggiunto il Duomo di Firenze, la Chiesa Madre, dedicata a Santa Maria del Fiore. E’ un’ immagine di Chiesa che ora vogliamo portare nelle nostre comunità. Una Chiesa in cui sacerdoti, consacrati, laici camminano insieme per le strade della città, per incontrare la gente là dove essa vive, annunciando a ogni uomo la perenne novità del Vangelo di Cristo. E’ l’immagine di una Chiesa in uscita per le strade del mondo che parte da Cristo e ritorna sempre a Cristo, come i discepoli che dopo aver predicato e operato guarigioni si ritrovavano con Gesù per riposare e raccontare al Maestro tutto ciò che avevano fatto. E’ l’immagine di una Chiesa dinamica, che percorre le strade degli uomini  a partire da Gesù e sempre diretta verso Gesù.

La seconda: i lavori  dei delegati nei gruppi corrispondenti alle cinque vie  – uscire, abitare, educare, annunciare, trasfigurare – suggerite da Papa Francesco nell’esortazione apostolica Evangelii Gaudium. Ci siamo confrontati sulle attività pastorali realizzate nelle nostre comunità, sulle cose già fatte da far crescere e valorizzare e sulle nuove piste da seguire, per mettere in atto quella “creatività pastorale” alla quale Papa Francesco ci ha richiamati nel discorso di martedì scorso in Duomo. Abbiamo vissuto una bellissima “esperienza di sinodalità” , di una Chiesa fatta di tanti volti, tante storie, tante esperienze, ognuno chiamato a fare la propria parte per disegnare l’orizzonte di un nuovo umanesimo. Sinodalità come metodo di lavoro, come stile dell’agire ecclesiale, che nei prossimi anni dovrà caratterizzare la vita delle nostre comunità diocesane e parrocchiali.

La terza: i molteplici momenti di preghiera comunitaria vissuti a Firenze. La preghiera ha scandito i diversi momenti del convegno, è stata la “linfa vitale” di  cinque giorni intensi in cui, prima di intraprendere qualsiasi discussione, ci siamo lasciati guidare dallo Spirito Santo, lo abbiamo invocato perché ci indicasse la via da seguire. Abbiamo vissuto la bellissima esperienza di comunione di una Chiesa che prega, che alza le braccia verso il cielo, fiduciosa nell’aiuto di Dio che sempre viene in aiuto del suo popolo. Dalle messe mattutine nelle basiliche alle meditazioni all’inizio dei lavori del convegno, abbiamo raccolto il monito di Papa Francesco a essere una Chiesa che “alza verso il cielo le mani della fede mentre edifica una città costruita su rapporti in cui l’amore di Dio è il fondamento.”

Sono tre immagini che voglio condividere e porto con me della bellissima esperienza di Firenze. Un’esperienza di fede e di comunione, un’occasione di grazia in cui abbiamo riscoperto il nostro essere Chiesa, il dono gratuito di far parte del Corpo di Cristo e la responsabilità di annunciare la “Buona Notizia” dell’amore di Dio per ogni uomo. E si lascia Firenze guardando per l’ultima volta quella raffigurazione del Giudizio Universale del Brunelleschi, che ammiriamo nella cupola della Cattedrale, con al centro l’immagine di Gesù e l’iscrizione: “Ecce homo”. Ci ricorda che Gesù è l’ “Uomo nuovo” a cui guardare per dare concretezza al un nuovo umanesimo. E’ da Lui che la Chiesa riparte, sempre a servizio dell’umanità.

Grazie al collega Salvatore d’Elia per il prezioso contributo

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