Ricordando Robin Williams: l’Attimo Fuggente da un’altra prospettiva

Robin Williams photographed in 1999La morte è il modo della natura per dire “il suo tavolo é pronto” amava dire. Era un comico irriverente Robin Williams e nelle sue parole pare “invitare” la morte ad un banchetto dove averla come commensale significa perdere qualsiasi voglia di vivere, il piacere di essere vivi. Ha fatto sorridere milioni di persone; anche piangere come il vero comico sa fare, ed ha invitato la morte alla sua tavola di certo in maniera “anticipata”. Accompagnato dal “male di vivere” l’attore ha posto fine alla sua vita, proprio un anno fa, l’ 11 agosto 2014. Molti dei suoi film rimarranno non solo nella storia del cinema, ma nella vita di tante persone. Robin Williams era uno degli attori più geniale e versatile di Hollywood: L’Attimo fuggente, Hook- Capitano Uncino, Genio Ribelle, Al di là dei sogni, Patch Adams, Mrs. Doubtfire tanto per ricordarne alcuni. Perché a 63 anni, uno degli attori più famosi ed amati dal grande pubblico è morto?  “Suicidio” secondo le dichiarazioni del Coroner: ” suicidio per asfissia”.

Robin Williams soffriva di una grave depressione bipolare. Dipendente dalla cocaina negli anni ’80, aveva dichiarato che la morte del suo amico fraterno John Belushi e la nascita del suo primogenito lo avevano spinto all’abuso di droghe. La depressione era arrivata negli anni 2000 e negli ultimi tempi sembra avesse dovuto fare i conti nuovamente con la dipendenza da droga e alcool. Nel 2009 ha inoltre subito un intervento chirurgico per un trapianto dell’ aorta. Sembra quasi assurdo pensare che la depressione abbia colpito un personaggio che ci ha portato spesso risate e gioia ma anche le difficoltà di affrontare la vita suscitando riflessione. Destino quindi beffardo e ironico per l’attore che si era cimentato proprio con l’immagine romantica e popolare del suicidio dei giovani ribelli in L’Attimo Fuggente. Come non ricordare la scena nel film in cui uno dei suoi allievi, Neil Perry, si toglie la vita?

“O Capitano, mio Capitano!” Chi conosce questo verso? Nessuno. Non lo sapete? È una poesia di Walt Whitman, che parla di Abramo Lincoln. Ecco, in questa classe potete chiamarmi professor Keating o se siete un po’ più audaci, “O Capitano, mio Capitano”. Tanti riconosceranno questa frase. Chi almeno una volta nella vita non si è commosso ascoltando la saggezza del professor John Keating? Letteralmente la “Società di poeti morti”, “Dead poets society”, rimane e rimarrà sempre una delle sue pellicole più amate, perché ci ha mostrato un Williams in stato di grazia, capace di coinvolgere tutti con la sua contagiosa forza di volontà e di vita.  “L’attimo fuggente” film del 1989, rimarrà per sempre scolpito nella memoria di tutti gli appassionati di cinema. Dopo la scomparsa di Robin Williams, un film del genere acquisisce un valore speciale. Una storia che ha saputo divertire e far riflettere. L’attimo fuggente, andrebbe mostrato ancora oggi in tutte le scuole, per far capire ai ragazzi il potere e la forza della letteratura, della cultura, per lanciare un messaggio. Un film non perfetto, ma talmente forte da rendere il suo messaggio praticamente immortale, tanto da scuotere lo spettatore in un turbinio che si conclude con la bellissima scena finale, quella in cui non è più John Keating a salire sulla sua cattedra, ma sono i suoi alunni.

In un’intervista aveva raccontato lo stesso protagonista: Avevo notato che c’era qualcosa nell’aria perché durante le riprese dell’ultima scena, uno dei camionisti della troupe, uno pieno di tatuaggi, persino sulle palpebre, si era messo a piangere come un vitello. L’attimo fuggente è un film che tocca dentro. Parla della passione, della creatività, di tutte quelle cose alle quali la gente aspira ma che raramente riesce a realizzare”.

Per quel film, Williams fu candidato all’Oscar come Miglior Attore Protagonista, perché quel professore sembrava costruito su misura per un attore come lui. E il suo lavoro sull’interpretazione fu magnifico: l’attore si basò sul suo professore di storia ai tempi della scuola a Detroit. Da lì la geniale idea di buttare via il libro nel cestino durante la lezione, da lì e dalla magnifica sceneggiatura del geniale, Tom Schulman, il rapporto via via sempre più intimo e umano tra l’insegnate e i suoi ragazzi.

Sui social in queste ore si susseguono le frasi o i dialoghi tratti dai film di Williams, soprattutto dall’Attimo Fuggente. E’ facile identificare il personaggio con il suo interprete, l’interprete con il suo personaggio: è la magia del Cinema, ma per favore Robin Williams non è John Keating! E non sono affatto concorde con chi ha scritto di provare ad ergerci sulla cattedra e scegliere di guardare alla morte di Williams da un altro punto di vista. Pensare per esempio che il grande attore “credesse ciecamente alla storia del Carpe Diem cogliendo gli attimi della sua vita con tale impegno e coerenza da essere solo ed esclusivamente la perfetta personificazione ed identificazione con i ruoli che interpretava.”

Thoreau scriveva che “molti uomini hanno vita di quieta disperazione”. La verità è che Robin Williams non era un uomo felice e sereno come era più volte apparso nei suoi film, forse non era neanche forte come il professore del suo film più conosciuto, e neanche credeva così tanto nella forza salvatrice del sorriso, come il “suo” Patch Adams.

La fama, il talento, il successo, l’affetto di tutti noi, suoi fans, non sono bastati ( e come potrebbero?) a salvarlo dal “male di vivere”. Forse la sua “casa” non era fondata sulla “roccia” e come spesso accade un uomo dotato di una sensibilità così spiccata come la sua aveva bisogno di altro, forse chissà…non sta a noi giudicare il suo gesto. Una cosa è sicura: è stato lasciato solo, di certo non ha avuto nessuno accanto ad additargli un’alternativa alla disperata, terribile, decisione di rinunciare alla sua vita. E pensare che non ha avuto “un’alternativa” è davvero triste.

Ce ne viene da questo tragico gesto un’ultima lezione: “Carpe diem”, “afferra il giorno”: in questa frase si compendia la visione della vita del poeta Orazio. La frase oggi è spesso banalizzata e utilizzata in modo inappropriato nel senso di “approfitta dell’attimo fuggente, goditi la vita, non lasciarti sfuggire nessuna occasione di appagamento”, ma nel suo contesto originale non è un semplice invito a godere spensieratamente l’effimero. E’ invece un richiamo alla valorizzazione di quanto di positivo vi può essere nell’attimo che stiamo vivendo, senza trasferire le nostre aspettative e i nostri desideri su un futuro che nessun essere umano può conoscere. “Cogliere” cogliere … un fiore, un sorriso, un profumo.

A noi fa comodo ricordarlo così, in piedi su quella cattedra a farsi interprete di una lezione di vita incredibile, a commuoverci e donarci una riflessione su tutto quello che può essere il vero significato di una vita vissuta in modo diverso: Sono salito sulla cattedra per ricordare a me stesso che dobbiamo sempre guardare le cose da angolazioni diverse. E il mondo appare diverso da quassù. Non vi ho convinti? Venite a vedere voi stessi. Coraggio! È proprio quando credete di sapere qualcosa che dovete guardarla da un’altra prospettiva. Anche se può sembrarvi sciocco o assurdo, ci dovete provare.”

Resta l’amaro in bocca: un anno fa, il “Capitano” ha abbandonato la sua barca. E questo ci rattrista molto perché un vero capitano non abbandona mai la barca, perché lui è la sua barca. Ci saremmo aspettati che come il suo Professor Keating fosse salito sulla cattedra e avesse dato un significato diverso al suo “Carpe Diem” … guardando alla sua vita in un’altra prospettiva.

Luisa Loredana Vercillo

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