Lamezia, i cenacoli di preghiera “Cuore immacolato di Maria rifugio delle anime” incontrano per la prima volta mons. Schillaci

LAMEZIA TERME (CATANZARO) – I cenacoli di preghiera “Cuore Immacolato di Maria rifugio delle anime” fondati dalla mistica Natuzza Evolo di Paravati, presenti in diverse parrocchie della Diocesi di Lamezia Terme, hanno vissuto, sabato 18 gennaio 2020 dalle 17.00 alle 19.30, un incontro diocesano formativo nella Chiesa del Carmine in Lamezia Terme.

Il carisma dei cenacoli, espresso nel testamento spirituale di Natuzza attraverso le sue semplici parole: «ho appreso che le cose più importanti e gradite al Signore, sono l’umiltà e la carità, l’amore per gli altri e la loro accoglienza, la pazienza, l’accettazione e l’offerta gioiosa al Signore di quello che quotidianamente ci chiede per amore suo e delle anime, l’ubbidienza alla Chiesa», è stato approfondito nel corso dell’incontro attraverso un intervento di don Pasquale Barone (che è stato padre spirituale di Natuzza per diversi anni), e l’omelia del nostro Vescovo, S. E. Mons. Giuseppe Schillaci.

Don Pasquale ha ricordato la sua esperienza personale nella conoscenza di Natuzza passata attraverso momenti difficili, di dubbio, di tormento, di solitudine, ma nello stesso tempo di rispetto verso questa umile donna che pian piano lo ha conquistato perché sincera, veritiera e fedele a Dio. Natuzza, ha affermato don Pasquale, «si è offerta come vittima per la santità dei sacerdoti, ha fondato i cenacoli di preghiera e ci ha lasciato un semplice programma di vita cristiana: “facciamoci santi in compagnia, non da soli, ma insieme agli altri”, attraverso la preghiera e la carità». Don Pasquale ha anche ricordato la vita familiare di Natuzza, vissuta da mamma, nella normalità, nella povertà, nella semplicità e nell’umiltà, ma nello stesso tempo nella fede e nelle virtù cristiane: «era una donna di famiglia, una mamma di 5 figli, e nello stesso tempo una grande mistica del nostro tempo. Ha fatto della sua famiglia una chiesa domestica, non chiusa ma aperta a una vasta opera di evangelizzazione e di promozione umana. Solo Dio sa quante migliaia e migliaia di persone ha incontrato nella sua lunga vita di missione e di sofferenza, quanti uomini e donne sbandate ha riportato in seno alla famiglia e alla chiesa. Lei diceva sempre: io di figli naturali ne ho 5, di figli spirituali ne ho tanti e ogni giorno crescono di più. Dio me li manda e io me li prendo come figli spirituali, vedendoli, ascoltandoli e poi non li abbandono più».

L’espressione spesso ricordata perché detta dalla stessa mistica: «io sono un verme di terra», è stata ripresa da don Pasquale e rapportata ad altra immagine che Natuzza applicava a se stessa: «io sono come una grasta rotta». Infatti, ha ricordato don Pasquale, «durante la settimana santa Natuzza si paragonava a un vaso rotto per indicare la sua conformazione a Gesù Crocifisso dal momento che portava sulla sua carne viva le stigmate del Signore». Al centro della vita della mistica, ha inoltre attestato don Pasquale, c’era l’Eucaristia. Infatti Natuzza spesso gli diceva: «quando celebrate la Messa mettetemi nel calice, in fondo al calice dove non mi vede nessuno». Con queste parole chiedeva preghiere al sacerdote ma nello stesso tempo manifestava la sua volontà di nascondimento pur vivendo una forte amicizia con Gesù e notevoli fenomeni mistici. Concludendo don Pasquale, rivolgendosi ai cenacoli di preghiera, ha affermato che «la vita di Natuzza è stata innestata nel calvario di Gesù, nella sua croce, che però si trasformava in gioia poiché in tal modo aiutava tanti bisognosi nel corpo e nello spirito a risollevarsi. Inoltre, la sua vocazione, nel corso della sua vita, si è consolidata perché sostenuta da due punti fermi della sua fede: la devozione al Cuore Immacolato di Maria rifugio delle anime e l’obbedienza alla Chiesa».

Il Vescovo, S. E. mons. Giuseppe Schillaci, ha iniziato la sua omelia parlando dell’importanza della comunione tra i cristiani: «una chiesa è credibile se crea comunione». Natuzza Evolo, ha affermato, «è stata una donna che ha saputo creare comunione, vivendo nell’ascolto della voce di Dio e nell’obbedienza gioiosa alla Chiesa». Quindi ha invitato tutti i partecipanti ai cenacoli di preghiera a non essere mai strumenti di divisione ma di gioia e di comunione, a partire dalla propria vita personale, familiare e parrocchiale. La comunione, ha affermato, «inizia dall’ascolto, come ha fatto san Giovanni Battista, che ha compreso che Gesù è l’Agnello di Dio, venuto nel mondo per mettersi al servizio di tutti con lo stile della mitezza e dell’umiltà e non con arroganza e violenza». Il fedele che incontra Gesù, ha proseguito, «cambia la propria vita e diventa mite, docile, obbediente al Signore, vincendo ogni atteggiamento di orgoglio, di vanto, di violenza. Così la Chiesa è chiamata a imitare l’Agnello, incontrandolo nell’ascolto della sua parola e lasciandosi plasmare perché possa testimoniare nella vita il suo amore».

don Giuseppe Fazio

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