Il Papa incontra la Fabbrica della Pace, 7 mila bambini gridano forte: “Senza giustizia non c’è pace!”
Le note di “We are the world” si alzano con forza nell’ Aula Paolo VI. Sono più di 7 mila i bambini che cantano in attesa di Papa Francesco. Bambini e adolescenti come “ambasciatori di pace” per costruire una società multietnica e integrata, attraverso la scuola che devono diventare dei centri interculturali sul territorio.
Con questi obiettivi nasce la “Fabbrica della pace”. Questa mattina l’incontro tra papa Francesco e 7mila bambini: “Non cambieremo il mondo se non cambieremo l’educazione”, ha detto nel corso del della presentazione dell’iniziativa padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa della Santa Sede, citando le parole del Pontefice.
“Grazie a nome di tutti i bambini della fabbrica della pace, ci sono bambini per ogni nazione ed ognuno vuole leggerti una lettera” esordisce così il bimbo che dà il benvenuto al Pontefice. Un Papa commosso, quasi frastornato da tanto affetto ha appena attraversato due ali di braccia protese per sfiorarlo, toccarlo, avere una stretta di mano. Presente anche Emma Bonino, che aveva reso noto nei giorni scorsi che il primo maggio Francesco l’aveva chiamata per informarsi del suo stato di salute e per incoraggiarla “a tenere duro”. Abbracci e mani strette tra il Papa e la Bonino che hanno avuto modo di parlare per qualche istante.
“Per iniziare a cambiare il mondo dobbiamo iniziare dal posto dove stiamo di più: a scuola. Dobbiamo impegnarci per condividere il sogno di pace, di accoglienza… la pace va costruita giorno per giorno come in una fabbrica dove il lavoro di tutti crea qualcosa di meraviglioso. Abbiamo bisogno che anche tu Papa Francesco lavori con noi nella fabbrica della pace, vuoi aiutarci?”
“Certo!” Esclama il Papa. Una bambina gli consegna un “caschetto da operaio perché tu sei il nostro operaio speciale, adesso sei pronto! Benvenuto nella Fabbrica della Pace!”
Si alternano dinanzi al Papa 13 bambini che gli rivolgono delle domande. Chi su come costruire la pace, chi sul litigare con il proprio fratello, chi, come il bambino dominicano, sulla propria sofferenza, chi come la ragazzina con il padre detenuto sul “se Dio perdona anche le cose brutte”. “Saremo un giorno tutti uguali?” ha chiesto una bambina e ancora “perché i potenti non costruiscono la pace?”
E così Papa Francesco mette da parte il discorso preparato, e risponde a braccio alle 13 domande che aveva appuntate a margine del suo discorso. Un dialogo straordinario nella sua semplicità, ma che tocca temi profondi: la sofferenza, la guerra, il carcere e che è culminato nell’invito che il Papa ha fatto ai bambini di ripetere più volte che “dove non c’è la giustizia, non può esserci la pace”.
Parte dalla domanda di Chiara che gli aveva chiesto se c’erano litigi in famiglia come accade a lei con i fratelli. Il Pontefice risponde che “a tutti capita di litigare”, anche a lui “che qualche volta mi riscaldo, ma la cosa più importante è fare la pace”.
“Caro Papa ho nove anni e sento parlare sempre della pace, cos’è la pace?”, ha chiesto un bambino in sedia a rotelle, aggiungendo che andrà a Lourdes e chiedendo al Papa di guidare il treno in modo che non arrivi in ritardo: “Ma sei stato bravo!”, ha risposto il Papa. “La pace ha proseguito è prima di tutto che non ci siano le guerre, ma anche che ci sia la gioia, l’amicizia tra tutti, che ogni giorno si faccia un passo avanti per la giustizia, perché non ci siano bambini affamati, malati che non abbiano la possibilità di essere aiutati nella salute. Fare tutto questo è fare la pace. La pace – ha detto ancora – è un lavoro, non è uno stare tranquilli, lavorare perché tutti abbiano la soluzione ai problemi, ai bisogni che hanno nella loro terra, nella loro patria, nella loro famiglia, nella loro società: così si fa la pace, artigianale. “Si costruisce ogni giorno con il nostro lavoro, la nostra vita, il nostro amore, la nostra vicinanza, il nostro volerci bene. La pace si costruisce ogni giorno”.
Ha insistito ancora alla domanda di un bambino che chiedeva “come mai i potenti non riescono a costruire la pace”. Chi “vende le armi all’uno contro l’altro e poi anche all’altro contro il primo” vuole la guerra. Dietro le guerre, secondo il Papa c’è sempre anche “l’industria delle armi”: “Questo è grave: alcuni potenti guadagnano la vita con la fabbrica delle armi e le vendono a questo Paese perché vada contro quello… E’ l’industria della morte”. “E’ la cupidigia che ci fa tanto male. La voglia di avere di più, di più, più denaro. E quando noi crediamo che tutto gira intorno al denaro”. “Il sistema economico gira intorno al denaro non intorno alla persona, all’uomo e alla donna: si sacrifica tanto e si fa la guerra per difendere il denaro”. “Per questo tanta gente non vuole la pace: si guadagna di più con la guerra. Si guadagnano i soldi, ma si perde la vita, si perde la cultura, l’educazione e tante altre cose. Un anziano prete che conoscevo diceva questo: ‘il diavolo entra per il portafogli’. Per la cupidigia, ed è per questo che tanti non vogliono la pace”. L’applauso di adulti e bambini si alza fragoroso.
Con un sorriso il Papa ha poi risposto a chi gli chiedeva “se la pace non si perde stando tutti i giorni tra la gente”: “Io tante volte vorrei un po’ di tranquillità. Riposarmi un po’ di più. Ma stare con tanta gente non toglie la pace. Sì, c’è chiasso, c’è rumore, ma quello non toglie la pace. Quello che toglie la pace è non volerci bene, la gelosia, l’avarizia, volere le cose di altri, quello toglie la pace. Ma stare tra la gente è bello. E non toglie la pace. Stanca, io non sono un giovanotto, ma non toglie la pace.”
E’ la volta della bambina con il padre detenuto che aveva chiesto “se Dio perdona le cose brutte?”: “Ascoltate questo: Dio perdona tutto!” ha subito risposto il Pontefice, “siamo noi che spesso non ci perdoniamo o ci stanchiamo di chiedere perdono.” E su questo tema ha risposto poi alla domanda inviatagli da un ragazzo ospite del carcere minorile di Casal del Marmo, dove il Giovedì Santo 2013 ha lavato i piedi ai minori detenuti, “E’ giusto il carcere per noi giovani?”: “La strada più facile è la prigione. Quella giusta è dire: “Sei caduto? Alzati, ti aiuterò a reinserirti. È aiutare a reinserirsi”.
Alla bambina che chiedeva “un giorno saremo tutti uguali?”, ha detto: “Si può rispondere in due maniere: tutti siamo uguali, tutti, ma non ci riconoscono questa verità, questa uguaglianza. E per questo alcuni sono, tra virgolette, più felici degli altri. Ma questo non è un diritto, tutti abbiamo gli stessi diritti e quando non si vede questo, la società è ingiusta. E dove non c’è la giustizia, non può esserci la pace. Vediamo se siete bravi, mi piacerebbe ripeterlo insieme più di una volta: dove non c’è la giustizia, non c’è la pace”, i bambini hanno ripetuto con convinzione: una, due, tre volte.
Francesco poi ha risposto anche a un bambino disabile: “A me non piace dire che un bambino è disabile. No, questo bambino ha un’abilità differente non è disabile, tutti abbiamo abilità. Tutti, soltanto possiamo sentire che la vita non è tanto facile. Tutti hanno la capacità di darci qualcosa di fare qualcosa”.
Torna il tema della sofferenza, il Papa scuote la testa: “perché i bambini soffrono? Per quale ragione si viene al mondo con problemi di salute, cosa fare?” Chiede un piccolo ammalato della Repubblica Dominicana. Francesco non si nasconde: “Questa domanda è una delle più difficili a cui rispondere. Non c’è risposta. C’è stato un grande scrittore russo, Dostoevskij, che aveva fatto la stessa domanda: ‘perché soffrono i bambini?’ E lì, si può solo guardare al cielo e aspettare risposte che non si trovano”. Francesco però ha detto di poter rispondere alla seconda parte della domanda: “Cosa posso fare io perché un bambino soffra di meno: stargli vicino, la società dia aiuti anche palliativi per le sofferenze dei bambini, si sviluppino l’educazione dei bambini verso le malattie. Lavorare tanto”.
Al termine dell’incontro il Papa ha ricevuto diversi doni: magliette, disegni, una raccolta di lettere da ogni parte del mondo, insieme a due braccialetti bianchi con il logo della Fabbrica della Pace che i bambini hanno provveduto a mettere ai polsi di Francesco. Poi un video dove i piccoli ammalati dell’Ospedale Bambin Gesù di Roma insieme ai loro genitori hanno raccontato ad un Pontefice commosso i loro sogni e le loro speranze, salutandolo con affetto. La benedizione papale e un nuovo invito del Papa a ripetere che “senza giustizia non c’è pace” ha chiuso questa mattina entusiasmante per ben oltre 7000 bambini che si sono stretti di nuovo al Pontefice che si è “gettato” di buon grado di nuovo tra le loro braccia.
Crescere delle persone capaci di dare risposte di pace è davvero una bella ipoteca sul nostro futuro.
Luisa Loredana Vercillo
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