Intelligence, Nicola Gratteri al Master dell’Unical

RENDE (COSENZA) – Salutato dal Rettore Gino Crisci che ha ricordato l’iniziativa sviluppata dall’ateneo di Arcavacata con le università italiane nel contrasto alle mafie e introdotto dal Direttore del Master Mario Caligiuri che ne ha illustrato le attività scientifiche e la produzione culturale, il procuratore della Repubblica di Catanzaro Nicola Gratteri ha tenuto una lezione al Master in Intelligence dell’Università della Calabria. In precedenza c’è stato il collegamento in videoconferenza da Toronto con il giornalista e docente Antonio Nicaso, che ha illustrato la pericolosità della ‘ndrangheta e le tendenze della criminalità a livello planetario.

Per Gratteri, la ‘Ndrangheta è stato un fenomeno poco compreso fino all’operazione “Crimine” del 2010, non solo per la sottovalutazione dello Stato ma anche perché l’organizzazione criminale ha sempre cercato punti di contatto con le istituzioni. Infatti, a differenza della mafia, che si è posta in condizione di sfida, la ‘’ndrangheta ha ricercato reciproci vantaggi. Il salto di qualità – ha proseguito – è avvenuto con la Santa, che ha consentito di intensificare i contatti con il potere, attraverso logge massoniche deviate non riconosciute dalle organizzazioni ufficiali. In questo modo la ‘ndrangheta, si è potuta sostituire al potere legale, condizionando la partecipazione elettorale e la vita amministrativa, in una sorta di cogestione della cosa pubblica che riguarda gran parte della nostra regione. Gratteri ha poi evidenziato che le leggi Bassanini, emanate negli anni Novanta per semplificare l’attività amministrativa, eliminando i controlli esterni hanno fatto proliferare la mafia. Adesso – ha ricordato – è direttamente la ‘ndrangheta in diversi casi che decide i sindaci e compone le liste, perché l’organizzazione criminale vota e fa votare in quanto ha bisogno di gestire e avere consenso. Il procuratore ha poi proseguito sostenendo che la ‘Ndrangheta non ha più bisogno di uccidere perché in alcuni settori ha instaurato una sorta di oligopolio, imponendo prodotti e servizi. Gratteri ha poi affrontato la questione dei comuni sciolti per mafia, dicendo che sarà un tema di cui ci si occuperà tantissimo nei prossimi anni. La legge – ha sostenuto – non è assolutamente adeguata e va cambiata prevedendo commissari a tempo pieno con poteri straordinari tali da licenziare i dipendenti e annullare le gare d’appalto.

“Le norme – ha precisato – devono cambiare fino a quando non sarà più conveniente delinquere”. Gratteri ha poi affermato che “siamo all’avanguardia nella lotta alla mafia, con una legislazione scritta con il sangue, con una polizia giudiziaria di grande valore e con organismi unici al mondo quali la Direzione Centrale dei Servizi Antidroga, che raggruppano operatori di tutte le forze di polizia”.

Ha poi affrontato il tema della giustizia che per funzionare ha bisogno di abbattere i tempi del processo. In tale ambito, ha detto che l’informatica è di grande aiuto per ridurre i costi e limitare gli errori e la discrezionalità umani. Solo con le notifiche elettroniche – ha ricordato – si è fatto un grande passo avanti, se poi si riuscirà a realizzare anche il processo a distanza con la registrazione e la validità legale delle testimonianze in videoconferenza, non solo si possono risparmiare fino a 70 milioni di euro ma si limiterebbero di molto le prescrizioni. Ovviamente – ha chiarito – tutte queste riforme che pure avvantaggiano il cittadino e la giustizia intaccano precisi interessi.

Gratteri ha poi ribadito che nessuno Stato ha la percezione della pericolosità e della pervasività  della criminalità. Il Procuratore ha poi risposto alle numerose domande degli studenti, illustrando  il punto debole dei porti, dove passa gran parte della cocaina. Per esempio, il porto di Rotterdam ha 17 chilometri di banchina e quello di Santos in Brasile ha 35 chilometri: in condizioni del genere, viste le dimensioni, la corruzione dilaga. L’anno scorso sono state sequestrate 8 tonnellate di cocaina nel porto di Gioia Tauro, dove quattro famiglie pretendono il 20 per cento del valore della cocaina che transita. I sequestri sono stati possibili perché in Italia ci sono leggi appropriate e si svolgono indagini specifiche. Nei porti, ha concluso, vanno coniugati gli indispensabili controlli con la disponibilità di personale delle forze dell’ordine e con gli interessi delle compagnie di navigazione.

Alla domanda di come si contrasti il crimine all’estero, ha evidenziato che l’Unione Europea è piena di esponenti della ‘Ndrangheta perché non c’è uniformità nella legislazione. Per esempio, in Svizzera le mafie vengono equiparate a un’associazione segreta con pene che oscillano da 1 a 5 anni. Pertanto, quando si parla di procura europea bisognerebbe prima precisare per fare cosa, con quali codici agire e con quali criteri individuare chi la dirige. Ha quindi trattato i rapporti con la magistratura  estera che sono molto difficili. Con gli Stati Uniti e adesso anche con la Colombia ci sono però trattati molto efficaci, mentre con gli altri Stati a volte ha grande importanza la credibilità personale di chi svolge le indagini.

Gratteri ha poi risposto sulle trasformazioni di questi ultimi anni: le mafie mutano con la società e anche nelle organizzazioni criminali c’è un abbassamento del livello, che si confronta con l’abbassamento etico e morale presente un po’ in tutta L’Unione Europea che si occupa molto più di mercato che della sicurezza dei propri cittadini. Così ha poi risposto alla domanda sui rapporti tra ‘Ndrangheta e terrorismo: non ci sono indagini significative dalle quali emergano contatti perché la mafia non ha alcuna convenienza a stabilire collegamenti con il mondo del fondamentalismo islamico, al cui contrasto sono concentrate le polizie di tutto il mondo. Ha poi dato la sua interpretazione al bisogno di mafia che sembra emergere dai territori e da alcuni settori dell’economia. Per il procuratore non è solo richiesta di protezione ma anche desiderio di arricchimento personale e di potere. Gratteri ha quindi concluso sostenendo che la potenza della mafia è legata al denaro che proviene in misura maggiore dal traffico di cocaina, che è l’attività più redditizia al mondo. “Nel libro “Oro bianco” – ha detto – con Antonio Nicaso abbiamo proposto un’utopia. Il consumo della cocaina riguarda la salute dei cittadini, l’economia drogata da soldi illegali, l’affidabilità dell’informazione che, se inquinata da dubbi finanziamenti e pressioni di varia natura, può condizionare i cittadini e la democrazia. È un problema sovranazionale e quindi richiede una risposta sovranazionale, ma ci vorrebbe, però, un’ONU diversa.

I principali Paesi produttori sono Colombia, Bolivia e Perù dove si potrebbero finanziare i cocaleros, cioè i produttori di coca, per rendere conveniente il cambio delle coltivazioni. Ma anche in questo caso si toccherebbero rendite  gigantesche. “Gli interessi economici  delle multinazionali – ha concluso – purtroppo vengono prima della sicurezza degli Stati”. Argomento, tra l’altro, trattato nel suo ultimo libro scritto con Antonio Nicaso “Fiumi d’oro. Come la ‘ndrangheta investe i soldi nell’economia legale” edito da Mondadori.

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