Sinistra Italiana Calabria: politici calabresi dichiarino loro appartenenza a logge prima della pubblicazione degli elenchi

LAMEZIA TERME (CATANZARO) – Ieri il comitato regionale di Sinistra Italiana Calabria, riunitosi nella sede di Lamezia Terme, ha elaborato il seguente documento alla luce delle decisioni ultime della commissione antimafia riguardo agli elenchi degli iscritti alle logge massoniche.

“Come spesso accade in Italia, magistratura e commissioni speciali devono sopperire ai vuoti e ai silenzi della politica. Il sequestro che sta avvenendo in questi giorni degli elenchi degli iscritti alle logge massoniche di Calabria e Sicilia dal 1990 ad oggi, disposto dalla Commissione Nazionale Antimafia, segna uno snodo cruciale per contrastare quel potenziale intreccio criminale tra logge massoniche deviate, ‘ndrangheta, politica e imprenditoria già emerso da varie inchieste della Magistratura.

Sia ben chiaro: le logge massoniche che operano nella legalità e nella trasparenza non hanno nulla da temere da questo provvedimento che punta solo a fare chiarezza.

Non vogliamo entrare nel merito delle scelte personali di appartenere a logge massoniche, pur essendo fortemente contrari a forme di associazionismo con “vincoli di fratellanza” che possono condizionare negativamente fino a svuotare di fatto l’imparzialità e la trasparenza dell’azione amministrativa. Il punto fondamentale, su cui sono concordi la legge, la giurisprudenza e l’etica pubblica, è un altro: se si è iscritti a logge massoniche e si rivestono cariche pubbliche o istituzionali, bisogna dichiararlo. E le logge della massoneria, come tutte le associazioni, devono rispettare la legge che vieta ogni forma di segretezza dei propri iscritti. Siamo di fronte a una palese violazione della legge, in particolare della cosiddetta legge “Spadolini – Anselmi” che, ricordiamo, considera vietate quelle associazioni che “rendono sconosciuti in tutto o in parte o anche reciprocamente i soci”.

Ancora una volta, diciamo grazie alla Magistratura e alle Forze dell’Ordine tutte che in particolare con le operazioni dell’estate scorsa, “Reghion”, “Mammasantissima”, “Alchimia” e “Frontiera” condotte dalle DDA di Reggio Calabria e Catanzaro, hanno fatto “saltare il tappo” di un sistema malato, fatto di connivenze e complicità che da troppo tempo tiene sotto scacco la stragrande maggioranza dei cittadini calabresi onesti. E’ grazie al loro lavoro che oggi si è giunti ad adottare questo provvedimento.

Di fronte a una presa di posizione così’ drastica da parte della commissione parlamentare, che davanti al rifiuto da parte delle logge di fornire spontaneamente i nomi dei propri iscritti ha deciso di procedere con il sequestro, la politica e la società civile calabresi non possono come al solito far finta di niente. C’è bisogno di uno scatto d’orgoglio e di trasparenza.

Prima che gli elenchi vengano resi pubblici, tutti i rappresentanti istituzionali calabresi, dai consiglieri agli assessori comunali, dai consiglieri regionali al presidente della Regione e alla sua giunta, i sindaci, dovrebbero dichiarare subito la loro eventuale appartenenza a una di queste logge.

Sia per primo il presidente Oliverio, e poi la sua giunta, a rompere il ghiaccio. Siamo certi che il presidente della Regione e i suoi assessori non abbiano nulla a che fare con la massoneria: ma il loro sarebbe un importantissimo gesto simbolico per aprire questo fronte affinchè finalmente si faccia chiarezza.

E’ bene ricordare il quadro da cui è scaturita questa decisione della commissione antimafia e da cui, come mi auguro, deve emergere un sussulto di responsabilità da parte della politica calabrese.

Citiamo solo alcuni esempi. A gennaio di un anno fa, da alcune inchieste condotte dai magistrati della DDA di Reggio Calabria e Catanzaro, emergeva uno scenario estremamente pericoloso per quanto riguarda i rapporti tra logge massoniche, ‘ndrangheta e politica in Calabria: uno scenario in cui si profilano “logge massoniche, magari sfuggite al controllo della fratellanza universale, che fanno da punto di ritrovo per rapporti e sinergie inconfessabili tra mafiosi, politici e rappresentanti delle istituzioni”, e il cui potere sarebbe tale da influenzare, tra le altre cose, le nomine all’interno dei consigli di amministrazione degli enti pubblici. E lo stesso Amerigo Minnicelli, maestro del Goi espulso dopo le sue denunce sulle infiltrazioni mafiose nelle logge calabresi, in un’intervista a un organo di stampa denunciava la crescita estremamente rapida e anomala della massoneria in Calabria, crescita a cui secondo Minnicelli avrebbero contribuito “non pochi personaggi poi coinvolti in varie inchieste spesso di ‘ndrangheta”. E ancora il Procuratore di Reggio Calabria Cafiero De Raho, commentando le inchieste della scorsa estate, parlava di “un ulteriore sviluppo del quadro ‘ndranghetistico-massonico che figura in provincia di Reggio Calabria” dal quale emerge che “la mafia calabrese si caratterizza per la presenza di una struttura direttiva occulta che “alleva” i referenti in seno alle istituzioni, determinando l’elezione di uomini di fiducia in diverse fasi elettorali”.

Di fronte a un quadro del genere, che cosa aspettiamo come politica calabrese a tutti i livelli a compiere un atto di responsabilità? In questo senso, dichiarare ora la propria eventuale appartenenza a una di queste logge, prima che tutto venga reso pubblico dalla commissione antimafia, è un atto che restituisce credibilità alla politica e alle istituzioni della nostra Regione e risponde a quel dovere di chiarezza e verità verso i cittadini. Nel nome di un interesse generale che vale più di qualsiasi privato vincolo di fratellanza.

I cittadini calabresi hanno il diritto di sapere da chi sono amministrati”.

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