“Una pizzeria di Lamezia paga 1/5 di una pizzeria catanzarese”. Il Sindaco parla di finanze comunali al popolo del “sabato pomeriggio”

image“Finalmente” è il commento tra le righe di molti lametini che, in un normale sabato sera, forse un po’ più movimentato essendo la vigilia di Pasqua, si sono visti sindaco e qualche assessore parlare “face to face” di una questione chiamata “dissesto”, rimasta oscura a tanti cittadini non addetti al mestiere che si sono ritrovati questa parola a caratteri cubitali su giganteschi manifesti sui muri della città.
“La Corte dei Conti dà ragione al comune” si legge sui manifesti che campeggiavano tra le palme di Corso Numistrano mentre nelle stesse ore il centrodestra risponde con le sue affissioni che, omettendo anche il minimo “respiro di sollievo” per lo scampato dissesto, puntano il dito contro le tasse al massimo e a un dissesto “de facto” che sancirebbe il fallimento dell’amministrazione targata Speranza.
“Una pizzeria di Lamezia paga 1/5 di tassa sui rifiuti rispetto a una pizzeria di Catanzaro”. La vicinanza a una nota pizzeria del centro suggerisce al sindaco un esempio efficace per spiegare che “Lamezia è la città con le tasse comunali rispetto alle altre grandi città calabresi”.
“Amarezza” è il sentimento di Gianni Speranza per un centrodestra che, a campagna elettorale partita, non ha espresso la minima soddisfazione per la sentenza della Corte dei Conti di Roma che ha accolto il ricorso del comune contro la deliberazione di dissesto della sezione regionale della Corte dei Conti. “Dire che abbiamo portato le tasse al massimo è mistificazione” afferma il Sindaco che risponde con le cifre ai dati diffusi in queste ore sui manifesti del centrodestra: 23000 lametini sono esenti dal pagamento dell’Irpef, Lamezia ha mantenuto la Tarsu (la tassa sui rifiuti calcolata usando come parametro la superficie dei locali di abitazione e di attività dove possono avere origine rifiuti) e non la Tares (introdotta da Monti e calcolata in base a superficie dell’immobile di riferimento, numero dei residenti, uso, produzione media dei rifiuti) e rimane il comune calabrese che spende di più sulle politiche sociali.
“E’ unanimamente riconosciuto che i comuni sono stati costretti ad aumentare le tasse per coprire i mancati trasferimenti da parte del governo nazionale” ha affermato il primo cittadino evidenziando come la situazione finanziaria di Lamezia è condivisa da tutti i comuni italiani colpiti negli ultimi anni dalle forbici dei governi nazionali e punto il dito contro un centrodestra “che a Lamezia protesta e a Roma appoggia i governi che hanno tagliato ai comuni e costretto ad aumentare le tasse”.
E se ci è consentito dare un giudizio di merito sulla comunicazione – perché questo facciamo di mestiere ogni giorno – vale la pena ripetere il “finalmente” scappato ai tanti passanti su Corso Numistrano. “Finalmente” perché, con buona pace di Facebook e guerra sterile a suon di mega manifesti sui muri, la gente preferisce l’incontro faccia a faccia con chi li governa oggi e con chi probabilmente si candida ad amministrarli nel futuro. E se gli scenari politici di breve e lungo periodo rimangono incerti, sulla modalità di comunicazione con la gente, con i non addetti al mestiere, con i “non invitati” come li chiama con un’espressione efficace il giornalista de “L’Espresso” Marco Damilano, non si può tornare indietro, la strada è segnata.
Si può avere il torcicollo e ripensare alla politica dei pochi intimi o dei cosiddetti “fedelissimi”, che appaga al momento chi sta al potere mentre agita quel grido chiamato “antipolitica”, che è la voce di una parte di società non ascoltata, “non invitata”. Oppure, si inverte la rotta, e si scende a parlare in piazza il sabato sera.

Salvatore D’Elia

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