Gerusalemme: proteste a Gaza contro decisione Trump, bruciate bandiere Usa

Malgrado l’ondata di maltempo, in diverse località di Gaza e della Cisgiordania sono stati organizzati oggi cortei di protesta contro la decisione di Trump di riconoscere Gerusalemme come capitale d’Israele. L’agenzia di stampa palestinese Wafa precisa che a Gaza migliaia di persone si sono raccolte nella piazza del milite ignoto dove hanno scandito slogan ostili agli Stati Uniti. Sul web sono comparse immagini di bandiere americane date alle fiamme.

Intanto, in una lettera inviata al presidente Usa i leader cristiani di Gerusalemme si dicono “certi” che i passi che Trump si accinge a intraprendere “aumenteranno l’odio, il conflitto, la violenza e le sofferenze a Gerusalemme e in Terra Santa”. I nove responsabili delle chiese cristiane, tra cui Pierbattista Pizzaballa, amministratore apostolico del Patriarcato latino, e padre Francesco Patton, Custode di Terra Santa, evidenziano: “Il nostro consiglio è di continuare a riconoscere lo status quo a Gerusalemme. Ogni cambiamento improvviso provocherebbe danni irreparabili”.

“Il mio pensiero va ora a Gerusalemme. Al riguardo, non posso tacere la mia profonda preoccupazione per la situazione che si è creata negli ultimi giorni e, nello stesso tempo, rivolgere un accorato appello affinché sia impegno di tutti rispettare lo status quo della città, in conformità con le pertinenti Risoluzioni delle Nazioni Unite”. Così il Papa in udienza generale, invitando a “saggezza e prudenza, per evitare di aggiungere nuovi elementi di tensione in un panorama mondiale già convulso e segnato da tanti e crudeli conflitti”.  

“Gerusalemme – ha detto il Pontefice nel suo appello – è una città unica, sacra per gli ebrei, i cristiani e i musulmani, che in essa venerano i Luoghi Santi delle rispettive religioni, ed ha una vocazione speciale alla pace”. “Prego il Signore – ha concluso Francesco – che tale identità sia preservata e rafforzata a beneficio della Terra Santa, del Medio Oriente e del mondo intero e che prevalgano saggezza e prudenza, per evitare di aggiungere nuovi elementi di tensione in un panorama mondiale già convulso e segnato da tanti e crudeli conflitti”.

Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha invitato i 57 Paesi membri dell’Organizzazione della cooperazione islamica (Oic) a riunirsi tra una settimana (il 13 dicembre) a Istanbul per un summit straordinario sull’attesa decisione di Donald Trump di riconoscere Gerusalemme come capitale di Israele. Lo ha reso noto il suo portavoce, Ibrahim Kalin, spiegando che Erdogan ha avuto in queste ore contatti telefonici in merito con il suo omologo palestinese Abu Mazen e i leader di Iran, Arabia Saudita, Qatar, Tunisia, Pakistan, Indonesia e Malesia. 

May, per Gb deve essere capitale condivisa – La posizione britannica su Gerusalemme non cambia”: lo status della Città Santa può essere definito solo “attraverso un accordo negoziato fra israeliani e palestinesi” e “in ultima analisi deve diventare capitale condivisa dello Stato d’Israele e d’uno Stato palestinese”. Così la premier Tory, Theresa May, rispondendo oggi ai Comuni a una domanda di un deputato laburista critica sulla decisione del presidente Usa, Donald Trump, su Gerusalemme. May ha peraltro precisato che Trump non ha parlato con lei di tale decisione. 

Il presidente Donald Trump nelle prossime ore riconoscerà Gerusalemme quale capitale di Israele e darà indicazione al Dipartimento di Stato di avviare l’iter per il trasferimento della ambasciata americana da Tel Aviv a Gerusalemme.

L’ambasciata americana in Israele non sarà spostata a Gerusalemme prima di sei mesi. Lo riportano fonti dell’amministrazione Usa, sottolineando come Donald Trump firmerà una proroga che lascerà la rappresentanza diplomatica almeno per un altro semestre a Tel Aviv.

Donald Trump ha informato il presidente palestinese Abu Mazen “della sua intenzione di spostare l’ambasciata americana da Tel Aviv a Gerusalemme”. Lo scrive la Wafa riferendo della telefonata tra i due. Abu Mazen ha ammonito Trump “dei pericoli di una tale decisione sul processo di pace, sulla sicurezza e la stabilità nella regione e nel mondo”.

Sulla questione dello spostamento dell’ambasciata Usa a Gerusalemme, il presidente Donald Trump “è stato chiaro sin dall’inizio, non è questione di se, ma di quando”, aveva fatto sapere il vice portavoce della Casa Bianca, Hogan Gidley, aggiungendo che “una decisione” verrà resa nota “nei prossimi giorni”.  Quest’ultima potrebbe rappresentare un atto di riconoscimento di Gerusalemme come capitale dello Stato ebraico.

I palestinesi hanno annunciato “3 giorni di collera” da mercoledì a venerdì per protesta contro la volontà di Donald Trump di trasferire l’ambasciata Usa da Tel Aviv a Gerusalemme. Tutte le fazioni palestinesi hanno condannato Trump definendo la sua politica “un ricatto”. “Chiamiamo tutto il nostro popolo in Israele e nel mondo – hanno detto – a raccogliersi nei centri delle città e di fronte alle ambasciate e consolati israeliani con l’obiettivo di portare la generale rabbia popolare”.

Papa Francesco e il presidente palestinese Abu Mazen (Mahmoud Abbas) si sono parlati oggi al telefono sulla questione relativa all’annunciato spostamento dell’ambasciata Usa in Israele da Tel Aviv a Gerusalemme. Lo conferma all’ANSA il portavoce della Santa Sede, Greg Burke, specificando che la conversazione è avvenuta “per iniziativa di Abbas”.

Abu Mazen in precedenza ha telefonato al presidente russo Vladimir Putin informandolo “sulle minacce per la città di Gerusalemme”. Ne dà notizia la Wafa aggiungendo che Abu Mazen ha aggiornato Putin sulla telefonata con Donald Trump e sulla sua “intenzione di trasferire l’ambasciata a Tel Aviv”. “Occorre muoversi immediatamente – ha spiegato Abu Mazen – per proteggere Gerusalemme e i suoi santuari islamici e cristiani che sono esposti a rischi”. 

Il sistema di difesa israeliano si sta preparando per una “possibile violenta” rivolta palestinese in Israele, principalmente a Gerusalemme. La polizia israeliana, lo Shin Bet e il comando centrale dell’esercito – riferiscono i media d’Israele – hanno tenuto in questi giorni numerose riunioni in tal senso.

“Non si può retrocedere dalla soluzione a due Stati. Guardiamo con grande preoccupazione tutti i fatti e tutte le decisioni che sembrano contraddire la strada che la comunità internazionale ha imboccato da tanto, troppo tempo senza vedere il traguardo”. Lo ha detto il ministro degli Esteri Angelino Alfano. Il capo della Farnesina ha spiegato di aver ribadito la posizione in un incontro bilaterale col segretario di stato Usa Rex Tillerson.

Il presidente francese, Emmanuel Macron, ha espresso ieri sera la sua “preoccupazione” a Trump “sulla possibilità che gli Stati Uniti riconoscano unilateralmente Gerusalemme come capitale dello stato d’Israele”. Lo ha reso noto un comunicato dell’Eliseo, precisando che Macron ha ricordato che la questione dello “status di Gerusalemme dovrà essere risolto nel quadro dei negoziati di pace fra israeliani e palestinesi”.

Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha avvertito il capo della Casa Bianca che l’eventuale riconoscimento di Gerusalemme capitale di Israele rappresenta “una linea rossa per i musulmani” e che potrebbe portare alla rottura delle relazioni diplomatiche della Turchia con Israele. Erdogan è intervenuto davanti al gruppo parlamentare del suo partito Akp ad Ankara.

L’Arabia Saudita esprime “seria e profonda preoccupazione” per un eventuale riconoscimento di Gerusalemme come capitale di Israele da parte degli Stati Uniti: una mossa che “irriterebbe i sentimenti dei musulmani nel mondo”. Lo riferisce una nota del ministero degli Esteri di Riad ripreso dall’agenzia di Stato. I diritti dei palestinesi su Gerusalemme “non possono essere cambiati”, aggiunge la nota.

Il segretario generale della Lega araba, Ahmed Aboul Gheit, ha invitato Donald Trump a “evitare qualsiasi iniziativa capace di mutare lo status giuridico e politico di Gerusalemme”, sottolineando “la minaccia rappresentata da un tale passo per la stabilità della regione”. “Siamo riuniti non per provocare sentimenti” ostili “ma per mettere in guardia sulle pericolose ricadute di questa fase”, ha detto Aboul Gheit n un discorso alla riunione straordinaria dell’organizzazione dei paesi arabi al Cairo.

“L’Ue sostiene la ripresa di un significativo processo di pace verso la soluzione dei due Stati”: lo ha detto l’Alto rappresentante Ue Federica Mogherini dopo la bilaterale col segretario di stato Usa Rex Tillerson. “Qualsiasi azione che possa minare questi sforzi deve essere assolutamente evitata – ha aggiunto Mogherini -. Deve essere trovato un modo, attraverso il negoziato, di risolvere lo status di Gerusalemme come futura capitale di entrambe gli Stati, così che le aspirazioni di entrambe le parti possano essere soddisfatte. “Ne parleremo col premier Nethanyahu lunedì prossimo qui a Bruxelles e col presidente Abbas all’inizio del prossimo anno”, ha concluso. In una precedente nota Mogherini aveva messo in guardia sulle possibili “conseguenze di qualsiasi decisione o azione unilaterale che coinvolga lo status di Gerusalemme”, avvertendo: “Potrebbe avere serie ripercussioni sull’opinione pubblica in larghe parti del mondo”.

Consolato a americani, evitare spostamenti – Il Consolato degli Stati Uniti a Gerusalemme ha diramato un comunicato in cui invita il personale americano, i loro familiari e in più in generale i cittadini americani, ad evitare spostamenti non essenziali in parti della città e in Cisgiordania in vista di possibili manifestazioni domani. Lo si legge in un tweet del Consolato americano a Gerusalemme. (Ansa)

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