Il cocker Flash sulla bara del padrone: anche il cane è un pezzo di famiglia

imagePESCARA DEL TRONTO (ASCOLI PICENO) – Flash non si è dato per vinto fino all’ultimo istante, mulinando le zampette tra le macerie e abbaiando nel vuoto improvviso di un paesino cancellato dal sisma. Il giovane cocker di Andrea Cossu, falegname 47enne di Pomezia, ha scavato assieme ai soccorritori per ore.

Per cinque interminabili giri di lancette ha fiutato il miracolo sotto le macerie di Pescara del Tronto. Le speranze dei volontari, però, si sono infrante quando tra le macerie è spuntato un ciuffo biondo: Charly, il papà di Flash, e Andrea sono stati trovati abbracciati, accanto a due borsoni. Entrambi senza vita. “Erano insieme – singhiozza la moglie della vittima, Rita Soldati – perché mio marito deve aver provato a salvarlo. Non abbiamo avuto figli. C’era solo Charly per noi, era speciale. Poi è arrivato Flash, lo abbiamo chiamato così perché è instancabile. Ora, però, se ne sta immobile sul pavimento. È rimasto fermo per ore in camera ardente accanto a mio marito e oggi (ieri, ndr) anche al cimitero. Non è più lui. Lo avete visto tutti”.

Come un essere umano che piange la morte di un parente, venerdì pomeriggio Flash si è gettato sul feretro del padrone. Il suo scodinzolio ha fatto il giro del web. Televisioni e fotografi hanno puntato l’obiettivo e immortalato lo strazio del cocker sul sagrato della parrocchia di San Benedetto Abate. Prima tra le gambe di Rita. Poi sopra la bara di Andrea, con le zampe puntate sulla lastra di rovere. Infine, con il carro funebre diretto verso il cimitero, placcato a fatica dai parenti della vittima.

Familiari che oggi devono dare conto del crollo di quella galassia di affetti fino a mercoledì custodita in un villino color crema lungo la Pontina vecchia. Le foto su Facebook e i filmati sui cellulari degli amici testimoniano un rapporto speciale: ecco i due cocker seduti in auto, composti, sul sedile del passeggero, e poi sfidati a mangiare un croccantino poggiato sul muso senza farlo cadere a terra tra le risate. Inseparabili, sia nelle battute di caccia del fine settimana che all’allenamento al campo di tiro al piattello: “Spero che Charly e mio marito siano ancora insieme – dice Rita in lacrime – e che stiano correndo assieme per i campi di Castelluccio”.

Con Rita, nel passaggio più difficile, resta Flash: “Ero sotto alle macerie e sentivo suonare uno dei campanelli che i miei cani portano legati al collare. Non sapevo se fosse Charly o Flash. Chiamavo mio marito, ma non ricevevo risposta. Subito dopo la prima scossa l’ho sentito urlare “no” e poi Andrea è sparito nel nulla. È stato terribile. A quel punto ho provato a chiamare anche i cuccioli, ma non abbaiavano. Mi hanno tirato fuori dopo cinque ore e poi portato via, in un campo. Lì ho visto una signora con il mio Flash. Aveva un guinzaglio fatto con la corda di una tenda, una di quelle da soggiorno. Era spaesato, ma appena l’ho chiamato è corso da me. È l’unica cosa che mi è rimasta”.

Di quel palazzetto tutto pietre nel cuore di Pescara del Tronto, invece, non restano che due finestre e il portoncino d’ingresso. “Almeno Rita ce l’ha fatta – spiega la cugina Sabina, cassiera in un piccolo supermarket di Pomezia – ma senza Andrea… non sappiamo come farà. Lui ce lo diceva sempre quando partiva per le fiere a Parma o a Bologna: “Ma quando me ne vado chi è che vi viene a rompere le scatole?”. E noi ridevamo. Perché lui era così, voleva essere sempre presente”.

Come quando si trattava di portare gli amici e i familiari in trattoria: “Era una buona forchetta – ricorda ancora Sabina – e conosceva sempre il posticino giusto. L’ultimo lo aveva trovato in Abruzzo, vicino a Carsoli. Raccontava di aver ordinato un po’ di carne. Per l’esattezza una fiorentina da otto etti e mezzo. Era così, sempre pronto alla battuta. Poi ci ha detto che sarebbe andato in villeggiatura per tre o quattro giorni con Rita e i cani”.

Adesso, oltre al dolore, nel cuore e nella testa dei familiari di Andrea – sarà sepolto accanto al padre a Pomezia – resta l’urlo di Ida, la sorella di Rita. “Di notte il lampadario ha preso a ruotare su se stesso – conclude Sabina – e mia cugina ha iniziato a gridare di “fare presto”. “Tirateli fuori, salvate Rita e Andrea”. Ho pensato a un incidente in auto. Poi ho capito: il terremoto”.

Il sisma che ha portato i due sopravvissuti di casa Cossu-Soldati a conoscere il cuore gentile dei volontari ascolani: “Io e Flash – ricorda Rita – siamo stati accolti da una famiglia splendida. Poi ci sono stati gli psicologi e i dottori dell’ospedale. Li voglio ringraziare. Ci hanno fatto sentire protetti. Sono stati grandiosi, ma non sappiamo come si chiamano. Vorremmo tanto abbracciarli”.

Fonte: la Repubblica

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