“Il Sabato del Villaggio”, Oliviero Beha a Lamezia racconta di Bartali e di questa nostra Italia

beha_gaetano_lameziaLAMEZIA TERME (CZ) – “Non sappia la tua destra ciò che fa la sinistra” oppure “il bene si fa e si dimentica”, questi sono stati sicuramente i principi (cristiani) che hanno spinto Gino Bartali a non parlare di ciò che fece in quell’inverno tra il 43 e il 44.

E’ vissuto per altri 55 anni dopo quell’avventura, dedicandosi ad altre cose e facendosi (forse) dimenticare dagli italiani. Lui che negli anni 30 era stato un campione, noto ovunque, ebbe bisogno (chi lo sa) di una comparsata a Striscia la Notizia per ricordare agli italiani distratti che esisteva ancora.

Di questo e di tanto altro si è occupato Oliviero Beha ieri sera alla rassegna “Il Sabato del Villaggio”, nella splendida cornice del Teatro Grandinetti, in dialogo con l’ideatore e direttore artistico Raffaele Gaetano. Una lunga chiacchierata, piacevole, interessante, durante la quale il giornalista e scrittore con il suo proverbiale piglio polemico, a volte quasi antipatico, ha raccontato della sua esperienza che lo ha portato alla realizzazione del libro su Bartali, “Un cuore in fuga”, e facendolo ha raccontato anche un po’ di questa nostra Italia, dal dopo guerra ad oggi.

“Bartali ha fatto qualcosa di straordinario per gli ebrei. E meno male che dopo 70 anni ancora ne stiamo parlando” ha detto Beha dopo aver esordito sull’importanza di quel bene che si fa e di cui non si parla.
“Per scrivere questo libro ho fatto tante ricerche, non sono rimasto seduto davanti allo schermo del computer. Ho letto tante cose, ho parlato con le persone e sono andato nei posti. I posti parlano tanto: il cimitero dove è sepolto Bartali, la casa dove ha abitato, la prigione dove ha rischiato di morire”.
L’idea di scrivere il libro è arrivata quando, nel settembre del 2013 Gino Bartali è stato considerato “giusto tra le nazioni” da Yad Vashem, vale a dire il massimo riconoscimento per chi si è impegnato a favore del popolo ebraico.
Cosa ha fatto di speciale Bartali, a parte essere un campione del ciclismo? Ha salvato centinaia e centinaia di ebrei. Col pretesto degli allenamenti, ha raccontato Beha, percorreva ogni giorno in bici 390 chilometri dalla sua Firenze a Perugia e Assisi, trasportando documenti preziosi per la vita di tante persone. Li nascondeva nel tubo della bici e via, partiva, rischiando di essere fermato e quindi ucciso, oppure di finire su una granata.
Ma il campione del ciclismo, o forse è più corretto dire campione della vita, non ha esitato un attimo. Spinto dalla voglia di aiutare gli altri, ha messo a repentaglio la sua vita nell’inverno tra il 43 e il 44. Probabilmente Gino Bartali è stato un rivoluzionario. Beha, per esempio, nella sua chiacchierata con Gaetano, ha ricordato di quando nel 1938, vincendo il Tour de France, fece il segno della croce, sconvolgendo praticamente tutti. In un momento in cui lo sport era asservito al regime, che imponeva il saluto fascista, Bartali di quel regime se ne infischiava. “Se Coppi era democristiano, lui era solo cristiano” perché lui era lontano dalla politica.

Oliviero Beha invita a leggere il libro e non vuole dire di più poiché ritiene che “i libri non vanno illustrati, ma letti. Quello spazio bianco tra le righe è soltanto del lettore”.
Proseguendo nel dialogo il prestigioso ospite ha parlato di un’Italia diversa che non riesce a produrre più nulla poiché rimasta priva di identità e passione: “Quei processi veloci vissuti nel dopoguerra hanno acceso delle cambiali che stiamo pagando oggi”. E poi ancora ha attaccato quella tv spazzatura, senza fare distinzioni tra quella di Stato e le tv a pagamento: “occasioni sprecate, pietosa la fiction su Bartali” per esempio oppure quella mandata su Sky sull’anno 1992: un anno – ha detto – in cui sono accadute tante di quelle cose importanti…e loro evidenziano ben altro”.

Un giornalista saccente per certi versi, dai toni spesso polemici, ma sempre spinto dal coraggio di dire la verità, che poi si emoziona davanti alla straordinaria esecuzione al pianoforte del giovanissimo lametino Giovanni De Vito che con quei lunghi capelli biondi attratti dai tasti bianchi e neri, ha letteralmente colpito gli spettatori che con uno scrosciante applauso hanno manifestato tutta la loro emozione per l’ascolto della sua musica.

Insomma, una serata molto variegata, a tratti anche divertente, quando è emerso il lato simpatico del carattere dell’ospite che ha dei brutti vizi “come quello di essere monogamo”.

Il Sabato del Villaggio, come annunciato da Raffaele Gaetano, si concluderà il 5 giugno prossimo con Roberta Bruzzone, la nota criminologa sempre presente nei principali talk show.

Candida Maione

 

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