Sgarbi ha ragione: i calabresi devono riprendersi la Calabria

imageSecondo voi ad occhio e croce di quale regione sarà il primato, o meglio, la situazione più critica per quando riguarda l’industria dei rifiuti? Quanto meno per il fatto che state leggendo un quotidiano che si occupa della “sua” regione la Calabria… avete già indovinato! La Calabria è nella situazione tra le più critiche d’Italia. I dati raccolti da Althesys ( società di consulenza strategica ambientale) nel primo Was Annual Report dal titolo “L’industria italiana della gestione dei rifiuti e del riciclo tra strategie aziendali e politiche di sistema”, scatta una fotografia sull’industria dei rifiuti e ci illustrano di una Calabria la cui situazione è tra le più critiche d’Italia. Insomma l’aria che tira è nera, carbon fossile è il caso di dire. Durante l’estate, lo ricorderete, i rapporti di Goletta Verde hanno dato alla Calabria, la maglia nera per la situazione delle coste cancellate dal cemento, dalle connivenze, dagli abusi; il mare impraticabile con la presenza di batteri tali da renderlo “fortemente inquinato” e con ben 129 agglomerati urbani in cui vengono segnalate “anomalie” sulla depurazione, fino al rapporto sul lavoro nero che vede nuovamente la nostra regione come detentrice di un altro triste primato, quello del lavoro sommerso con i lavoratori agricoli divenuti i nuovi schiavi. Ora la faccenda della spazzatura. La notizia è di ieri.

 

In Italia ci sono troppe discariche e al ritmo attuale di smaltimento dei rifiuti saranno colme entro i prossimi due anni; la Calabria è al collasso perché ha meno impianti termovalorizzatori ( e qualcosa avremmo da dire anche sulla efficacia di questi “produttori” di diossina, ma ne tratteremo in altro momento) e livelli di raccolta differenziata tra i più bassi per quanto riguarda il riciclo. L’Italia è lontana anni luce dalla situazione europea dove in alcuni casi l’uso della discarica è pari a zero e si attesta, per regioni come la Calabria, in una situazione a dir poco allucinante. Di non molto tempo fa la notizia che all’Italia è stata comminata una sanzione da parte della Comunità Europea di 60 milioni di euro per l’uso e mancata bonifica di discariche illegali tra le quali rientra la discarica di Reggio Calabria, nonché la mancata bonifica delle discariche illegali di rifiuti chiuse, contenenti in parte rifiuti pericolosi. Tra i siti non bonificati c’è quello di Firmo in località Sciolle. Ma in Calabria purtroppo le discariche sono una costante, anche, come vedremo quelle legalizzate e se ci aggiungiamo il fatto che gli interessi della `ndrangheta nella gestione di molte di esse vedono accordi tra le cosche reggine per la spartizione degli enormi profitti derivanti dalla gestione fraudolenta delle discariche regionali, i conti sono presto fatti. Qui i rifiuti sono un business, un affare dove sguazzano ‘ndrangheta, politica e imprenditoria; Sì, perché nella nostra regione ci troviamo di fronte all’assurdo che prende per esempio il nome dell’Isola ecologica di Battaglina. Una discarica di rifiuti ed amianto che sorgerà sopra su due falde acquifere nei comuni di Borgia, San Floro e Girifalco, nella zona tra Catanzaro e Lamezia Terme. L’assurdo è che questa pattumiera, è stata autorizzata dalla Regione Calabria nonostante gli inquietanti pareri negativi giunti dal dipartimento Politiche dell’ambiente circa la tutela boschiva, oppure quelli sulla situazione geomorfologica che vedrebbe modificato il sistema di deflusso delle acque meteoriche. Per non dire poi del fatto che nella discarica si dovrebbe avere lo smaltimento di rifiuti contenenti amianto e che il sito occupato dalla discarica comprende un’intera area interessata da un sistema idrico superficiale dal quale ne deriverebbe un inquinamento delle falde.

 

La verità è che la Calabria è una regione- discarica peggio della Campania. Perchè in Calabria salvo poche eccezioni come per le proteste della discarica di Battaglina, si fa silenzio. Anzi c’è un paese dove si muore di tumore, in silenzio. Un terreno destinato all’apicoltura biologica accanto ad un discarica tossica. Rifiuti sotterrati vicino la pista dell’aeroporto, seppelliti nei muri delle scuole, accumulati accanto ai centri abitati, depositati nei pressi delle falde acquifere. Secondo l’inchiesta della giornalista Laura Galesi, nel 2009, in Calabria vi erano oltre 500 discariche abusive e per almeno tre siti è stata ipotizzata la presenza di scorie radioattive: Serra d’Aiello, Casignana, Cosoleto.

 

E’ cosa risaputa poi che in provincia di Cosenza, la vicina Procura della Repubblica di Paola ha condotto diverse inchieste per una “radioattività strumentale che è molto più alta del normale, da tre a sei volte; ed un incremento notevole, rispetto al circondario, di leucemie e tumori”. Provate a chiedere nel reparto di Ematologia dell’Ospedale Annunziata di Cosenza: le diagnosi di malattie tumorali sul sangue, non si contano.

 

Nel 2009, i carabinieri sequestrarono una discarica contenente 5.500 chili di rifiuti speciali pericolosi nei pressi di Casignana, in provincia di Reggio Calabria. Veniva ipotizzata la presenza di materiale radioattivo. Cinque tonnellate di rifiuti affidati a due ditte di smaltimento e sparite nel nulla.

 

Ma la situazione più grave è quella di Cosoleto, un paesino di novecento anime alle falde dell’Aspromonte dove si continua a morire in silenzio. Riporta la Galesi che nel gennaio del 2008, l’allora sindaco Angelo Surace scriveva una drammatica lettera al Ministro per la Salute, Livia Turco ed a tutte le autorità locali: “I dati relativi al numero delle persone decedute per cause tumorali sembrano enormemente preoccupanti”, denunciava. Quattro mesi dopo scadeva il mandato di Surace, che non sarà rieletto. “C’è chi ha detto che ho bloccato l’economia del paese, che si basa sull’olio di oliva. Cosa tra l’altro non vera perché non ci sono stati effetti negativi sulle vendite”, racconta l’ex sindaco alla giornalista. “Secondo alcuni, meritavo una denuncia per procurato allarme. Ma la maggior parte della gente era con me. Oggi, invece, è rassegnata. La situazione è evidente a tutti. Siamo un piccolo paese. In città, puoi anche non rendertene conto, ma in un centro con poche centinaia di abitanti basta vivere sul posto per sentire le voci, osservare i conoscenti che muoiono o si ammalano”, prosegue.

 

La gente ha paura, non vuole testimoniare racconta il sindaco sempre alla giornalista : “Persino il parroco ha tentato di ottenere qualche informazione sui siti tossici: ‘ditemelo almeno in confessione, sono tenuto al ‘segreto’. Niente. Promettevo alle persone che sarebbero rimaste nell’anonimato, ma nessuno ha voluto parlare, c’è paura di esporsi. Le voci sull’argomento sono tantissime. Ho saputo di gente che ha visto camion con fusti gialli e verdi contrassegnati dai teschi che indicano i rifiuti tossici. Ho conosciuto un forestale che ha visto operazioni di allargamento delle strade di montagna per far transitare mezzi pesanti. Ho sentito persino di una famiglia che avrebbe accettato di farsi seppellire i fusti nel cortile di casa”.

 

Questo riportato è solo un caso emblematico. Per la Calabria sono passate tonnellate di pet coke una sottile polvere nera, che si usa come combustibile nei cementifici. Proviene dalla Nigeria, ma in Europa deve essere trasportato e stoccato con estrema prudenza perché altamente tossico. E poi tonnellate di scarti e rottami di batterie al piombo esauste, provenienti da Israele; i rifiuti tossici della fabbrica Pertusola mescolati nelle mura delle scuole di Crotone e le 350 mila tonnellate di rifiuti tossici provenienti dall’Ilva di Taranto.

 

La Calabria dunque è una bomba che sta per scoppiare; negli anni (a titolo di esempio) si sono contati: 21 mila metri quadri di eternit, dieci quintali di rifiuti tra cui pannelli di eternit e scarti e frattaglie di animali; 1500 metri quadri di bitume, pneumatici di mezzi pesanti, oli esausti, lamierati di veicoli. Poi 300 mila metri cubi di rifiuti speciali in un paesino del reggino che potrebbero aver contaminato le sottostanti falde acquifere. 5 mila metri quadri e 20 tonnellate di rifiuti di ogni genere che hanno quasi ostruito negli anni i corsi dei torrenti calabresi.

 

In Calabria tutto tace, salvo poche approfondite inchieste dalle quali emergono questi dati agghiaccianti. Tacciono, tranne poche eccezioni, i cittadini; tacciono ed è ormai la triste regola, i “politici” che blaterano ancora le poche ultime promesse, in vista della chiusura della campagna elettorale.

 

Cosa si può fare? Forse c’è l’unica, ultima, possibilità, quella del voto. Ci siamo quasi… e se si tornasse a cercare di individuare degli interpreti della politica come ricerca del bene comune? Vogliamo illuderci, ne abbiamo bisogno, che ancora ci sia qualcuno che creda che il “potere” abbia bisogno della politica quella vera, intesa come ricerca del bene comune e che questa abbia bisogno di moralità altrimenti rischia di rimanere una sterile amministrazione incapace di tutelare perfino la salute dei propri elettori. Perché polemizzare con Sgarbi che ha apostrofato gli amministratori reggini come “gli unici che hanno rotto i c…….”? Non sono stati forse miopi nel perdere un’occasione come quella dell’expo milanese, per le poche bellezze rimaste in Calabria, visto che le molte le hanno già saccheggiate, violate, barattate in cambio della propria poltrona?

 

Perché polemizzare allora con Sgarbi quando dice che i calabresi non hanno le stesse garanzie dei cittadini italiani perché sono stretti tra la criminalità mafiosa e lo Stato? Sgarbi non ha nulla contro i calabresi, ma contro “chi li governa e con i ministri dell’Interno che applicano leggi speciali alla Calabria umiliando i cittadini onesti e costringendoli a vivere in perenne emergenza, come se in Calabria ci fosse una epidemia.”

 

Sgarbi ha ragione…i calabresi devono riprendersi la Calabria, il voto è vicino. Che sia la volta buona per non farci chiamare di nuovo coglioni?

Luisa Loredana Vercillo

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