Napoli “in rivolta”: la pizza deve diventare patrimonio dell’umanità
NAPOLI -“A pummarola sammarzana”, “a muzzarell” di Bufala, il pomodorino del “piennolo del Vesuvio” tutti rigorosamente D.O.P. appena sfornati sulla pizza napoletana “Doc” , da difendere, è il caso di dire, oltre con delle firme, anche con i denti! Nel tempo della globalizzazione difendere l’identità della pizza diventa una questione da affrontare con serietà; la pizza infatti è uno dei prodotti gastronomici “Made in Italy” più conosciuti al mondo, la terza parola italiana più conosciuta all’estero, uno dei più importanti simboli del nostro Paese. Si legge così su https://www.change.org/p/proteggiamo-il-made-in-italy-la-pizza-come-patrimonio-unesco una petizione lanciata contro la falsificazione dei prodotti alimentari appunto firmati, made in Italy e a cui siamo tutti chiamati ad aderire. Danni all’economia per 60 miliardi di euro e 300.000 posti di lavoro in meno; in questo contesto si inserisce la pizza napoletana, l’unico tipo di pizza italiana riconosciuta in ambito nazionale ed europeo. Dal 4 febbraio 2010, infatti, è ufficialmente riconosciuta come Specialità tradizionale garantita della Comunità Europea.
Ed ecco la richiesta che si legge su change.org perorata dall’ex ministro Pecoraro Scanio, da Coldiretti e da “Pizzaiuoli napoletani”: “È giusto che l’Italia proponga alla sede centrale UNESCO di Parigi l’inserimento dell’Arte della Pizza nella ‘Lista rappresentativa del patrimonio culturale immateriale dell’umanità’ ” sottolinea l’ex ministro dell’Agricoltura. Si è chiesto e si chiede quindi che nei primi mesi del 2015, proprio alla vigilia dell’apertura dell’Expo di Milano, la commissione italiana per l’Unesco proponga l’inserimento dell’Arte della Pizza nella “Lista rappresentativa del patrimonio culturale immateriale dell’umanità”.
La petizione è rivolta ai tanti italiani e non, che amano il prodotto gastronomico più conosciuto del pianeta per ottenere per l’arte della pizza il prestigioso e meritato riconoscimento UNESCO.
A Napoli, oggi, una giornata di mobilitazione per il gustoso alimento: sfornata una pizza napoletana doc per Expo 2015. A renderlo noto la Coldiretti in questo evento promosso in occasione della convocazione della Commissione italiana per l’Unesco a Roma per il via libera nazionale all’inserimento dell’Arte dei Pizzaiuoli napoletani nella “Lista del patrimonio culturale immateriale dell’umanità”. Coldiretti lancia anche un hashtag Twitter, per la giornata: #pizzaunesco. A sfornare la pizza Expo l’Antica Pizzeria Brandi nel cuore di Napoli .
La leggenda vuole che nel giugno 1889 il cuoco Raffaele Esposito fu convocato al Palazzo di Capodimonte, residenza estiva della famiglia reale, per preparare alla Regina Margherita di Savoia le sue famose pizze. Per onorare la sovrana, Esposito creò così la pizza Margherita, dove i condimenti, pomodoro, mozzarella e basilico, rappresentavano e rappresentano la bandiera italiana.
Troppo spesso, spiega la Coldiretti, viene servito un prodotto preparato con mozzarelle ottenute non dal latte, ma da semilavorati industriali, le cosiddette cagliate, provenienti dall’est Europeo, pomodori cinesi o americani invece di quelli nostrani, olio di oliva tunisino e spagnolo o addirittura olio di semi al posto dell’extravergine italiano e farina francese, tedesca o ucraina che sostituisce quella ottenuta dal grano nazionale.
A Napoli sono indignati: fanno sapere dai microfoni dei maggiori tg nazionali che la pizza “Doc” sarà messa a confronto con quella “pezzottata” che ha per sugo pelati San Marzano fatti in California anziché provenienti dall’agro-nocerino, oppure “Pomarola” del Brasile, ed ancora per filante (?) mozzarella, la “Zottarella” venduta in Germania, perfino l’olio del Maryland dal nome altisonante “Pompeian” e che di certo, ne uscirà vincitrice!
Mai sia, fanno sapere da una Napoli in rivolta, che sulla pizza “napulitana” ci sia la mozzarella russa. Che vergogna! Che “scuorno”… si dice sotto al Vesuvio!
Luisa Loredana Vercillo
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